Fantascienza, Recensione

IL PIANETA DELLE SCIMMIE

Titolo OriginalePlanet of the Apes
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1968
Durata92'
Tratto dadal romanzo di Pierre Boulle

TRAMA

Per un misterioso fenomeno spaziale tre astronauti terrestri atterrano su un pianeta dominato dalle scimmie, che tengono gli indigeni umani sotto il loro giogo. Riusciranno i nostri eroi a tornare a casa?

RECENSIONI

Guàrdati dall’uomo, la sola bestia che uccida per passatempo, lussuria o avidità.
Non lasciare che si moltiplichi, poiché farà il deserto della sua casa, e della tua.

Un film datato solo sotto il profilo degli effetti speciali (dal ruolo molto limitato, peraltro). La paura dell’autodistruzione della specie umana, che è tornata a farsi strada fra noi scimmie civilizzate, e il rigurgito della superstizione, dell’arroganza identitaria, della pretesa autoritaria e oscurantista che la scienza non entri in contrasto con la fede, ne fanno un’opera deliziosamente attuale, perché possiamo rispecchiarvi la nostra ottusa vanità sopraffattrice. Il solido e ruvido mestiere di Schaffner garantisce al plot, dopo trentasette anni, una tenuta invidiabile: la commistione di differenti registri – l’avventuroso, il drammatico, il filosofico – funziona tuttora; un’ironia pungente fa gli onori di casa e talvolta dirotta nel sarcasmo antipatriottico (il che non guasta mai, e massime di questi tempi); il ritmo è efficace nel dosare, con logica progressione, i colpi di scena e la tensione: dai campi lunghi a mostrare la desolazione ostile del pianeta e la solitudine dei malcapitati, fino al primo piano sugli scimmieschi dominatori. Solo occasionalmente la sceneggiatura conosce derive verbose (il processo, comunque occasione per un paio di battute fulminanti) o lungaggini (il primo inseguimento, ingarbugliato e ripetitivo). Nel remake del 2002, Tim Burton saprà essere più cervellotico e didascalico sul piano diegetico, non più acuto nello sguardo etnologico, o esaltante nell’impatto visivo. L’immagine conclusiva del film è una delle icone del nostro tempo; come quella, altrettanto scolpita nella memoria, del coevo 2001: Odissea nello spazio, essa allude all’evoluzione della specie umana: se l’alba di Homo sapiens è in un gesto fratricida, e la sua acme viene celebrata da un coreografico trionfo di tecnologia futuristica, esso tramonta nella violenza dissennata di un conflitto planetario e suicida.