TRAMA
Il pistolero Martin Brady è al soldo della potente famiglia messicana dei Castro. Perde un loro carico di armi acquistato negli Stati Uniti e decide di non tornare ma finisce con l’innamorarsi della moglie di un maggiore dell’esercito.
RECENSIONI
Una prova poco convincente di Parrish che, fra la critica che ingiustamente lo ignorava e lo scarso risultato al botteghino di quest’opera, il cinema non lo frequenterà più per anni. Robert Mitchum, invece, ci crede fino in fondo e, cosa insolita per quegli anni, appare sui titoli di testa anche come produttore esecutivo. A non funzionare è la profonda scollatura fra la sceneggiatura di Robert Ardrey e la messinscena: la prima pare sbrigativa, secca, la seconda ha un passo lasco, introspettivo. Il risultato è un western dall’andamento lento non giustificato, dato che il testo non possiede sufficiente spessore per, ad esempio, rendere gli eventi simbolici. Esiste anche un problema di registri: non si capisce fin dove, volontariamente, la regia sia disposta a fare (anche) commedia, coadiuvata da un commento sonoro di Alex North che va per conto suo (vedi la scena in cui Mitchum è recalcitrante a fare il bagno: dovrebbe essere comica ma, per gran parte della durata, la musica è grave). Anche gli eventi finali testimoniamo partiture (di scrittura, di toni) parallele che non s’incontrano (quando Mitchum decide di abbandonare la violenza e il padrone). La mano di Parrish, però, è sempre riconoscibile, mai stereotipata, sublime nel creare atmosfera attraverso l’uso del colore espressivo, nella ricerca di dettagli inusitati, nella costruzione dei personaggi e (altrove, non qui) nello scavo psicologico. Il titolo si riferisce agli Stati Uniti, non al Messico, paese preso come termine di paragone in modo anche fazioso per far risaltare le virtù della democrazia made in USA (dove il potere militare non coincide con quello amministrativo e non assolda assassini).