TRAMA
Al Fort Apache giunge un nuovo, rigido colonnello che proibisce alla figlia di frequentare un tenente che non è loro pari e sogna la gloria in battaglia contro Cochise che, invece, cerca la pace.
RECENSIONI
Primo capitolo, e il migliore, della trilogia fordiana sulla Cavalleria militare tratta dai racconti di James Warner Bellah (a seguire: I Cavalieri del Nord Ovest e Rio Bravo). Fra epica, senso dell’onore, differenti concezioni di valori, lealtà virile militare, purezza dell’amore, malsana gestione della disciplina e ragioni in contrasto di universo femminile e maschile, John Ford prende molto tempo, come suo uso, per la caratterizzazione (anche tragica) dei personaggi e per fare commedia, mettendo sul campo una generosa gamma di riflessioni e registri. Un Henry Fonda che non sorride mai, interpreta con coraggio un ruolo scomodo di snob, razzista e arrivista ufficiale, imbecille e/ma eroe alla Custer (con la sua Little Big Horn): Ford ha da dire la sua, a differenza del precedente La Storia del Generale Custer di Raoul Walsh (1941), su personaggi come lui, mettendolo a confronto con il tipo umano che invece rispetta, interpretato da John Wayne. Sorprende positivamente anche la prova di una cresciuta Shirley Temple, deliziosa per quanto è smorfiosa e peperina: ma a esaltare è l’anima pacifista di un’opera che, in tempi non sospetti, rispetta la cultura dei nativi americani e addita che li considera e tratta da selvaggi. Con un sorriso sarcastico, poi, Ford lascia alla Storia le sue leggende poco veritiere (il colonnello di Fonda, nel tempo, sarà considerato un eroe) e preferisce cantare i veri valori imperituri, quelli che si formano nella fratellanza degli uomini nell’esercito.