Commedia, Recensione

IL MAGNIFICO SCHERZO

Titolo OriginaleMonkey Business
NazioneUsa
Anno Produzione1952
Genere
Durata97'

TRAMA

Uno scienziato cerca la formula chimica di un composto ringiovanente. Una delle scimmie-cavia indovina la formula esatta e discioglie la soluzione ottenuta nell’acqua potabile del laboratorio. Ne faranno le spese il ricercatore, sua moglie e il resto dell’équipe, finendo col regredire allo stato infantile.

RECENSIONI

Con Il magnifico scherzo, tardo esempio di screwball comedy, Hawks rivivifica un genere sfiorito da anni offrendo una variante fedele ai codici ma di sicura efficacia, vicina, per follia dell'assunto e rapidità d'esecuzione, ai precedenti gioielli del maestro (Susanna, Ero uno sposo di guerra, Ventesimo secolo). L'armamentario screwball è qui sfruttato al suo meglio: la frenetica concatenazione di dialoghi, l'erotismo strisciante e allusivo, il delirante incedere per equivoci e calembour servono a dovere una commedia dissacrante e in fondo amara. A venir sbeffeggiata è l'ossessione dell'eterna giovinezza, racchiusa nella spasmodica ricerca di un'improbabile formula chimica e concretizzatasi in elisir solo grazie alle doti alchemiche dello scimpanzè Rudolph, vero deus ex machina del racconto. 'Commedia dell'intelligenza', come la definì Jacques Rivette, Il magnifico scherzo gioca a scombinare gli abituali rapporti tra menti civilizzate e primitive, esasperando con cinismo l'attrazione fatale che lega la rispettabile maturità dell'età adulta alla sua fissazione giovanilista. Il ringiovanimento forzato dei due protagonisti, regressione biologica solo apparentemente liberatoria, li costringe al vitalismo isterico dell'adolescenza (l'eruzione di gioventù a metà film) e alla dolce demenza dell'infanzia (il candido infantilismo del pre-finale); sotto l'effetto della droga B-4 (benessere alla quarta, leggasi before), i due diventano sì disinvolti e vivaci, ma perdono coscienza di sé, s'annullano in automi guidati dalla libido (di vita) artificialmente indotta. Anche quando si corteggiano e s'imbronciano come ragazzini, verso la fine, lo scarto tra il corpo adulto e il comportamento bambinesco non concede spazio a cortocircuiti sentimentali (come avverrà in Eternal Sunshine of a Spotless Mind) ma resta (straordinaria) meccanica slapstick, pura danza di corpi istupiditi e dirottati dalle loro stesse pulsioni (sarà proprio per l'innaturalità di tale spossessamento che Grant sembra infine convincersi della sostanziale inutilità della sua ricerca, dichiarando che è vecchio solo chi dimentica di essere giovane). Per mettere in scena la vorticosa consequenzialità di gag fisici e verbali, lo sguardo economo di Hawks rimane sobrio e preciso, attento a cogliere, con stoica e matematica maestrìa, gesti e gesta dei suoi interpreti. Si riconoscono diversi temi a lui cari - la guerra dei sessi (osservata con sottile misoginìa), la caotica incomunicabilità del loro confronto, la centralità narrativa di una canzone-chiave e la situazione-limite con cui destabilizzare (per meglio ingabbiare) i personaggi. Hawks sembra esprimersi persino sullo stato della commedia hollywoodiana, percorrendola a ritroso in un progressivo inselvatichirsi (e rimbecillirsi), secondo un decrescendo linguistico che rima chiaramente con il regredire dei suoi protagonisti, esordendo sophisticated (il raffinato lapsus romantico iniziale), deragliando verso la screwball (le due sconclusionate conversazioni telefoniche, probabili vertici umoristici del film) e incespicando nello slapstick (la comicità fisica ed elementare del pre-finale), riducendo infine i funambolici giochi di parole ad un solo e puerile tranello sillabico (l' 'ami-baci' conclusivo). Fatta salva l'ammirazione estasiata di Rivette, che colse l'occasione per ribadire, in un celebre saggio dedicato al film (Génie de Howard Hawks), i miracoli dell'évidence hawksiana e la finezza del suo tratteggio morale, Il magnifico scherzo non ebbe molta fortuna critica e venne sminuito, a torto, a pallido epigono di Susanna (l'animale selvatico come detonatore della commedia - lì il leopardo, qui la scimmia). Nell'indiavolato gioco d'attori, i mattatori assoluti Grant e Rogers duettano con esilaranti schermaglie verbali e regalano, grazie al loro trasformismo a variabile anagrafica, svariate scene memorabili (su tutte, la celeberrima danza di guerra pellerossa, con Cary Grant tutto preso a fare lo scalpo al rivale d'amore).