Recensione, Western

IL GRANDE SENTIERO

TRAMA

1878: i Cheyenne, relegati in una riserva, aspettano invano le terre loro promesse dal governo. Decidono di fuggire e i bianchi non gli danno tregua.

RECENSIONI

È l’ultimo western di John Ford, l’ultimo sguardo sulla Monument Valley. Resta intatta la sua maestria nello sfruttare in modo splendido gli spazi, in questo ufficiale atto di scuse al popolo dei nativi americani da parte di un regista che, nel suo manicheismo, aveva speso identificato quest’ultimo con i “cattivi selvaggi”. Il regista denuncia le angherie, le ingiustizie, i pregiudizi di cui sono stati vittime gli indiani, comprese le menzogne della stampa e lo sterminio dei bufali, arrivando ad invertire i ruoli nell’amata tematica dei pionieri (prima bianchi) che cercano e difendono la (propria) terra. Ma, da buon rooseveltiano, essenzialmente conservatore e propagandista, fedele ai principi (del) e al popolo statunitense, “manipola” la materia per identificare solo in alcuni i manigoldi, preoccupandosi di sottolineare le non poche figure dei “salvatori umanitari” fra la sua etnia: l’onore della patria è salvo e l’ipocrisia dilaga dopo questa interminabile (170!) saga dell’esodo di un popolo, immersa in spossanti schematismi, in un’epica elementare ed esangue, in enfasi anche patetiche. Elementi che, comunque, sono da sempre parte integrante e non faziosa della sua poetica. Il problema vero sorge nella parte finale, indifendibile, che pare appiccicata con lo sputo, frutto di problemi produttivi (e ideologici) evidenti: il dialogo fra Edward G. Robinson e Richard Widmark nella grotta della verità, ad esempio, pare ri-girato usando un trasparente; il lieto fine, immerso nella retorica, è davvero poco ispirato. Ad aggravare la situazione, il vezzo tutto hollywoodiano, qui poco opportuno, di utilizzare attori caucasici per i ruoli indiani e il personaggio di Carroll Baker che si “redime” e fa la quacchera (!). La pellicola contiene un brano, del tutto gratuito (in principio fu infatti tagliato), con James Stewart nel ruolo di Wyatt Earp, che è probabilmente il più gustoso della pellicola, divertente e satirico (buona anche la gag del soldato Smith appellato, a volte, come Brown, Jones…). Sceneggiatura dell’esperto di western J.R. Webb (Il Grande Paese, Vera Cruz, Apache), cui la regia non rende del tutto giustizia.