TRAMA
Rimasta orfana, Mary è ospitata dallo zio in un cupo maniero: l’uomo ha perso l’amata, ha un figlio malaticcio che non esce mai da casa e una governante autoritaria.
RECENSIONI
Col fortunato romanzo di Hodgson Burnett, già trasposto nel 1949 da Fred M. Wilcox e da Alan Grint nel 1987 per la TV, Agnieszka Holland (Europa Europa) torna a parlare d’infanzia abbandonata, sposando alla perfezione la magia e il romanticismo della fiaba con il suo prezioso gusto per le immagini raffinate e “incantate” (eleganti movimenti della macchina da presa, frequenti cambi di set, fotografia ricca di colori, effetti speciali). C’è un giardino segreto da coltivare in ognuno di noi: Mary, scontrosa e viziata, vede il proprio riflesso nel cugino cagionevole e viceversa, la malattia del corpo è anche quella dell’anima, il percorso di guarigione riguarda anche la perfida governante, che la Holland ben disegna come essere chiuso in se stesso che qualcuno deve ancor far sbocciare. La regista persuade anche maneggiando la vena romantica del racconto, con il dolore straziante dello zio per la morte della moglie e il potere dell’Amore e del Sogno nel perpetrare il Miracolo. Peccato che la Holland, a un certo punto, abbandoni la vena gotica per virare verso uno zuccheroso idillio di sentimenti: i cani, lo zio gobbo, i numerosi segreti del maniero, le grida nella notte, l’angoscia, il mistero del giardino, lasciano il posto alla melassa (trattandosi di bambini: ma il Jack Clayton di Suspense avrebbe saputo come sposarli). Il finale è commovente, ma contiene un passaggio inverosimile (il gratuito “Nessuno mi vuole bene” detto da Mary) che ne riporta alla mente almeno altri due scorsi (la sicurezza di Mary sull’inesistenza della malattia del cugino; l’incoerenza della governante che, prima e con troppa noncuranza, lascia fare ai bambini ciò che vogliono e, poi e senza soluzione di continuità, farà l’opposto). Produttore esecutivo: Francis Ford Coppola.
