TRAMA
Langley (Virginia), quartier generale della NASA, primi anni Sessanta. La preparazione e la messa in opera del Programma Mercury, viste attraverso le vicende di tre pioniere.
RECENSIONI
Donne, nere, civili: 'calcolatori', nella migliore delle ipotesi, strumenti e non persone. Ma neppure per un attimo dubitiamo che Katherine, Dorothy e Mary non possano, anzi, non debbano trionfare di ogni avversità e affermare trionfalmente Il diritto di contare, come pomposamente recita il titolo italiano (che fa, more solito, piazza pulita dell'ostentata discrezione dell'originale). Theodore Melfi (anche sceneggiatore con Allison Schroeder) teme di scivolare nel melodramma convenzionale, e per evitarlo si getta senza complessi nella braccia della commedia di mezzo carattere, assai più manierata proprio perché in contrattuale quanto precario equilibrio fra lacrima, risatina e obbligata riflessione civica. I parallelismi più triti (il gessetto, veicolo di emancipazione), i personaggi meno sorprendenti (il grigio burocrate Stafford, interpretato da un cinereo Jim Parsons, abituato a scienziati ben più interessanti sotto ogni profilo), le sottolineature più maldestre (Harrison che letteralmente abbatte le barriere segregazioniste perché 'alla Nasa facciamo tutti la pipì dello stesso colore') non danno letteralmente tregua, galleggiando in una messinscena di studiata noncuranza, levigatissima soprattutto laddove cerca di apparire 'naturale', contrapponendo la tenerezza borghese della vita privata delle eroine all'ambiente meccanico e disumano del loro ambiente di lavoro (unico tocco realmente interessante: l'ufficio di Harrison, al tempo stesso cabina di regia e panopticon del Programma Mercury). Dovremmo esservi ormai assuefatti, ma che un film in ogni senso così limitato possa non dico conquistare, ma interessare le giurie di riconoscimenti prestigiosi (due candidature ai Golden Globes, tre agli Oscar) non cessa di destare meraviglia.