Drammatico, Recensione

IL DIARIO DI JACK

Titolo OriginaleMan about town
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2006
Durata96'
Sceneggiatura
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Jack ha fondato un’agenzia di sceneggiatori di successo, è sposato con una bellissima donna, vive in una splendida casa. Ma la sua vita apparente maschera un grande disagio._x000D_

RECENSIONI

Se è vero che Il diario di Jack non possiede la consistenza (drammatica, ma non solo) che faceva di Litigi d'amore - arguta declinazione sul tema della rovina familiare (e un meta-Costner al suo miglior ruolo da anni) - un gioiellino, per quanto ingiustamente ignorato, è vero d'altra parte che è un'opera che conferma una serie di impressioni sull'autore, già rafforzate, peraltro, dal pienamente maturo (e altamente raccomandabile) Reign over me, uscito prima in Italia, ma cronologicamente posteriore a questo Diario (che è un classico recupero estivo). Se il piano privilegiato di Binder, sul quale si muove disinvolto, è quello della commedia, d'altra parte su di esso opera, spesso e volentieri, deviazioni nette: nel (melo)dramma, da un lato, nella pura farsa e nel grottesco, dall'altro, continuando a creare prodotti difficilmente etichettabili; ecco allora che la vicenda del rampante Jack, che, alle prese con un corso di autocoscienza, impara a scrivere un diario e quindi finalmente a guardare dentro di sé, ad analizzarsi squartandosi, lo conduce al dramma familiare che lo ha segnato (la tragica morte di suo fratello adolescente), al ruolo immanente di un padre che non lo ha mai accettato (per cui tutti gli sforzi fatti per compiacerlo e divenire più simile al congiunto morto si proclamano come altrettante forzature a una natura che avrebbe puntato in altre direzioni), ma anche l'occasione per cadere in una sorta di surreale storia di ricatto (il diario che finisce in mani sbagliate, con trattative e inseguimenti a Chinatown…) con spunti demenziali fin troppo esuberanti. Tra aggressioni violente che quasi uccidono il protagonista (un Ben Affleck in parte) e che si risolvono in un'operazione dentaria che ha risultati paradossali che allargano sorprendentemente la gamma tonale, a corsi aziendali di karate, ad una citazione esplicita ed esilarante di Basic Instinct, il film non dimentica il suo binario principale, che è quello dello scavo del personaggio Jack, di un'esistenza dilaniata tra essere e dover essere, in cui lavoro e vita privata si mischiano disastrosamente; di un rapporto problematico e contrastato con una moglie (Rebecca Romijn splende) che, pur avendolo tradito, lo ama; della difficoltà di conciliarsi con un passato che torna a galla dopo essere stato seppellito per anni dietro una patina di studiata apparenza. Il film di Binder sceglie, dunque, una materia sostanzialmente risaputa, ma traducendola in immagini e situazioni a tratti inconsuete (Jack che parla al cellulare attraverso un'auricolare e innesca una rutilante girandola di situazioni equivoche e dialoghi incrociati), a tratti studiatamente spiazzanti (l'ambiguo acquario che separa marito e moglie al momento del confronto decisivo può suonare ovvio come parodico) in cui la crisi del protagonista, giunta all’acme, diviene sottile elogio all'imperfezione. Manca la calibratura dell'opera precedente (quella successiva la troverà in pieno: il citato, dolente Reign over me, che insiste ancora sul tema della crisi matrimoniale, incrociandola con stile maturo alla Tragedia – l'Unidici Settembre -, senza alcuna forzatura), il registro è sbilanciato, ma il film mostra ancora un carattere personale e una bizzarria che è peculiare cifra del regista (che si ritaglia, come sempre, un ruolo – quello del socio -; in quello del professore è un piacere rivedere il grande John Cleese).