TRAMA
Un prete cattolico arriva in un villaggio messicano governato dal bandito Anacleto…
RECENSIONI
Anche se Il coraggio e la sfida, diciassettesimo film di Roy Ward Baker, viene etichettato come un western, gli elementi distintivi propri del genere si eclissano per dare modo al regista di riflettere sulla scomparsa della figura dell’Eroe canonico, sull’ambiguità sessuale, sul carattere etico e psicologico di un nucleo circoscritto anche spazialmente, piuttosto che sulla rappresentazione archetipica del conflitto tra natura selvaggia e civilizzazione specifico del western americano classico. Con questo film Baker inaugura quella messa in discussione del genere “americano per eccellenza” tipica degli anni Sessanta e non molto lontana da quella compiuta da lì a poco da Sergio Leone. Nel film di Baker manca però l’ironica reverenza del regista italiano nei confronti di un cinema che ama e che lo ha segnato; Il coraggio e la sfida si veste solamente di un genere: è sì ambientato in un piccolo centro abitato del Messico, vi è sì un antagonista temuto e odiato da tutta la popolazione, vi è ancora un eroe che si contrappone al clima di terrore instaurato dal fuorilegge, ma a prevalere è l’analisi morale e la messa in scena di un infelice triangolo amoroso.
Baker utilizza una delle caratteristiche fondanti del Melodramma, il non detto, l'inesplicato - e in questo caso per il dovere religioso di Padre Keogh (John Mills), l'inesplicabile - sotto forma di segni gestuali per rimandare alla tensione omosessuale tra il prete, l'eroe positivo, coraggioso e giusto e Anacleto (Dirk Bogarde), il bandito vestito di nero ma non sporco e trasandato come il John Wayne di Sentieri Selvaggi, bensì amante dei gatti e dei pantaloni di pelle lucidi, rivelando una passione camp nella costruzione del personaggio. Se infatti il regista si concentra con dei primi piani nitidi sul viso di John Mills e preferisce invece tagliare il volto di Bogarde attraverso l'uso di un'ombra più scura, il simbolismo antagonista tra i due personaggi viene mostrato ancora di più attraverso il cambio d'abito del bandito Anacleto nel momento di una possibile quanto improbabile redenzione. Ma dal punto di vista morale, la dicotomia eroe/antagonista viene scardinata alla fine del film, quando Padre Keogh denuncerà Anacleto alla polizia, e la salvazione della sua anima non rappresenterà più una responsabilità religiosa bensì un interesse egoistico.
Il coraggio e la sfida raggiungerà un climax drammatico lentamente preparato nel corso delle ultime inquadrature, quando durante un inseguimento i due uomini muoiono uno sopra l’altro, escludendo definitivamente il terzo vertice del triangolo, la giovane ragazza (non) contesa che non potrà che rimanere spettatrice di una tragedia che sublima la passione non consumata tra i due uomini. Alla richiesta di Padre Keogh ad Anacleto di stringergli la mano qualora avesse recitato l’atto di dolore, il bandito ripete la qualità per cui aveva sempre ammirato il prete: “per il tuo coraggio, non per la sfida della tua chiesa”; in inglese la frase è ovviamente quella del titolo originale: “The Singer not the Song”, a sottolineare non tanto la fascinazione e il rispetto nei confronti di un aspetto della personalità del prete – il coraggio – ma un’attrazione verso la figura tutta dell’uomo. Roy Ward Baker verrà assunto qualche anno più tardi dalla Hammer Film, dove il suo cinema abbandonerà definitivamente il realismo che caratterizza la prima metà della sua carriera, approdando, con opere come L'astronave degli esseri perduti, L'anniversario o Il marchio di Dracula alla stilizzazione anticipata da questo film. La riflessione sull’ambiguità sessuale sarà circoscritta, dopo Il coraggio e la sfida, al solo genere gotico, con le trasposizioni dei romanzi di Le Fanu e Stevenson Vampiri amanti (da Carmilla) e Barbara, il mostro di Londra (da Lo strano caso del dr. Jekyll e mr. Hyde).