Recensione, Thriller

IL COLLEZIONISTA

Titolo OriginaleKiss the Girls
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1997
Genere
Durata111'

TRAMA

La nipote di uno psicologo della polizia di Washington viene rapita nel North Carolina: è stato il serial killer Casanova.

RECENSIONI

Dopo i riconoscimenti al Sundance Film Festival, per un documentario sul pugile Phil Paolina (e, guarda caso, Morgan Freeman ha l'hobby della boxe) e l'opera d'esordio Cosa fare a Denver quando sei morto, Gary Fleder si prostituisce alla moda dei "serial killer-movie", ripescando il Freeman di Seven in un soggetto (tratto dal romanzo di James Patterson) che più banale non si può, con tutti gli elementi programmati a tavolino per rientrare nelle convenzioni. Vale a dire che, paradossalmente, ci si è impegnati per essere scontatamente grossolani: il protagonista, per pura coincidenza, non solo è poliziotto, ma anche psicologo e parente di una vittima. La superstite si salva perché pratica il kickboxing (!). Il maniaco si crede Casanova (da barzelletta), ecco perché spariscono solo donne belle ed intelligenti. La sua voce è palesemente artefatta ma nessuno si preoccupa di segnalarlo (bastava inventarsi un manipolatore vocale) e l'effetto è di un trucco puerile per spaventare. Collezionista di ridicolaggini, il regista ci crede fino in fondo e, in parte, riesce a contagiare anche noi, finché non vengono gettate via nella confusione le uniche idee originali (due, tre serial killer?: se ci sono false piste non ci si adopera per spiegarle) o solleticanti (le odalische nelle segrete suonano il violino: tutto qua?) e non si comincia a fare agire i personaggi come dementi incoscienti (Ashley Judd che entra nel bar; Freeman che si ostina a fare tutto da solo credendo di essere efficace ma mettendo in pericolo chiunque lo circondi: i fatti, non il raziocinio, gli daranno ragione). Mettiamoci anche il finalone effettistico. Killer "seriali" della nostra pazienza sono film come questo, troppo puliti per scioccare a buon mercato, troppo lordi di sangue altrui per non essere condannati. E il titolo italiano ruba quello di un vero cult del genere, a opera di William Wyler (1965).