Commedia, Drammatico

IL CITTADINO ILLUSTRE

Titolo OriginaleEl Ciudadano Ilustre
NazioneArgentina/Spagna
Anno Produzione2016
Durata118'
Sceneggiatura

TRAMA

Lo scrittore argentino Daniel Mantovani vive in Europa da trent’anni ed è famoso per aver vinto il Premio Nobel per la letteratura. I suoi romanzi ritraggono la vita di Salas, il paesino in cui è cresciuto e dove non è mai più tornato da quando era ragazzo. L’amministrazione locale di Salas lo invita per conferirgli il più alto riconoscimento del paese: la medaglia per il cittadino illustre (dal sito della Biennale).

RECENSIONI

Il Nobel che torna alla città natale. Il grande scrittore sudamericano che, rifugiato in Europa, ha avuto ogni onore ma declina ogni invito, vive nel suo hortus conclusus: si dice contro il sistema culturale dominante, come attesta il discorso a Stoccolma, ma in realtà l'ha già sfruttato e digerito, è il circo della notorietà che gli ha dato fama e soldi. La bolla autocostruita si incrina ad una circostanza: l'invito a Salas, il paesino in cui è nato, cresciuto e mai tornato, che lo nomina cittadino illustre. Gastón Duprat e Mariano Cohn, come ne L'artista, tornano a riflettere sui meccanismi di costruzione di un'opera e di un autore, sulle ipocrisie che li circondano, sul processo ambiguo che prevede la rielaborazione della realtà*. Più della prova precedente qui virano sulla commedia paradossale e beffarda, basata su opposizioni grottesche: l'interno casa contro l'esterno paesaggio, la retorica della cultura contro la spontaneità kitsch della campagna, il premio Nobel contro il titolo Ciudadano ilustre (che Daniel preferisce, a parole), perfino la letteratura contro la vita. Nella regressione del ritorno, il protagonista viene prima 'divizzato' dagli ex concittadini, poi contestato, poi ancora costretto a un confronto complesso che passa per l'amico, la donna, il mondo che fu: deve reggere il peso della sua celebrità di scrittore, allo specchio con chi l'ha forgiato come uomo, stabilendo se/quanto deve alla piccola Salas, quale ispirazione o riconoscenza, e subendo ciò che la città pretende da lui.

Si innesca un congegno di rispettive costruzioni, ora assurde e ora ridicole, dove lo scrittore è chiamato a eseguire il suo ruolo e altrettanto fanno le figure del paese: da una parte il Nobel riconoscente, dall'altra la città che lo esalta esigendo gratitudine. E' teatro pubblico, con pure i giudizi di merito asserviti alla recita: il giurato Daniel è costretto a premiare i quadri dei cittadini più influenti per evitare contrasti (e si torna a un nodo de L'artista: misurare la validità di un'opera). In mezzo a tanto artefatto, però, talvolta sfuggono le emozioni: così l'alto letterato - per rovescio - si commuove dinanzi al filmato elementare e sfacciato che lo celebra, e così il reincontro con Irene fa sospettare una traccia di sentimento autentico. Ed è su queste contraddizioni che il film rimesta: Duprat e Cohn trattano il rapporto tra arte e vita con tono leggero e ironico, di una comicità ovvia ed esplicita, che nella messinscena annulla la stratificazione del presupposto ed estorce la risata obbligatoria con le armi del sesso, l'eccentrico e l'equivoco. La scorrettezza è una facciata: i personaggi sono parodiati nel loro bizzarro, enfatizzati nei vizi e tic mentali, ma lo sguardo volge verso l'indulgenza per tutti nessuno escluso (anche Daniel). Di sfondo resta la relazione scrittura/realtà, e il finale è questione metanarrativa: Daniel nega che l'umanità di Salas sia trasportata letteralmente nei suoi romanzi, ma è proprio il ritorno a casa che racconta nel nuovo libro. L'esperienza del film è vissuta e sofferta, poi spolpata e riscritta per vendere. Anche una contraddizione può essere chiara e leggibile. Coppa Volpi a Oscar Martínez come miglior attore al Festival di Venezia 2016, in una competizione che non ha offerto altri interpreti maschili degni di nota.