
TRAMA
Il “Predicatore” senza nome giunge in una cittadina mineraria e si mette dalla parte dei più deboli, cercatori d’oro vessati da un ricco possidente che vuole farli sgomberare fino ad assumere un marshal corrotto.
RECENSIONI
Clint Eastwood regista torna al western dopo dieci anni, ripropone le arie metafisiche di Lo Straniero senza Nome e lo schema classico de Il Cavaliere della Valle Solitaria di George Stevens, con il pistolero senza radici dichiarate che, da un lato, corre in aiuto del povero e indifeso paese pacifico e dell’infante che s’infatua (là un bambino, qua una ragazzina), dall’altro ne sconvolge le routine tornando nel nulla da cui proviene. Un’opera che richiama Don Siegel nel taglio filmico e Sergio Leone nel modo in cui tenta di rendere epica, misteriosa e mitopoietica ogni sequenza, ma che ha anche un’impronta del tutto eastwoodiana nella sua cupezza, perfino sacrale: il cavaliere dal pallido cavallo è la morte dei "Quattro Cavalieri dell’Apocalisse" e appare come un fantasma nel momento in cui una ragazzina prega per un miracolo. L’atmosfera stilizzata e mistica è più retaggio della splendida fotografia di Bruce Surtees (buia, infangata) che della drammaturgia o degli ingredienti (convenzionali) del plot vendicativo, ma il film ha il merito di aver riportato all’attenzione del pubblico un genere morente. Scritto dai Michael Butler e Dennis Shryack di L’Uomo nel Mirino.
