Drammatico

IL CASO WINSLOW

Titolo OriginaleThe Winslow boy
NazioneU.S.A.
Anno Produzione1999
Durata110’

TRAMA

Londra, 1911: accusato di furto, il tredicenne rampollo della famiglia Winslow viene espulso dall’Accademia Navale. Il padre crede nella sua innocenza e si batte per riaprire il processo.

RECENSIONI

Il cinema di David Mamet gioca sempre d'azzardo: punta il dito, ritrae la mano, mette le carte in tavola, le rimescola, bluffa e rimette tutto in discussione. Le cose non sono come sembrano. Le Cose Cambiano. Quel che conta, più che le sfaccettature, è l'ambiguità: ma dove inizia la complessità della sceneggiatura e dove finisce una messa in scena incapace di esprimerla appieno? Il dramma teatrale di Terence Rattigan, che Mamet rimaneggia, risale al 1946 e Anthony Asquith lo portò sullo schermo due anni dopo (Tutto mi Accusa): il testo è il medesimo, il punto di vista viene deformato. Asquith, da buon aristocratico, si limitava a descrivere elegantemente l'ambiente altoborghese per poi abbracciare la "causa" ("Che i diritti prevalgano!"). Mamet, almeno nella prima parte, i riti borghesi li fustiga pesantemente. Disegna un pater familias che pare sogghignare mente sussurra il motto della “sua” famiglia, “Che i privilegi permangano!”. La sua imperiosità potrebbe essere all'origine delle idiosincrasie della prole e del gesto deviante di un figlio talmente allevato nella menzogna da risultare insospettabile (gli altri due fratelli: una suffragetta e uno sfaccendato). A chi interessa la verità? All'avvocato ambizioso, al padre orgoglioso, al figlio lezioso, ai politici corrotti, all'opinione pubblica che s'appassiona ad un caso irrilevante? Non a Mamet: nella parte finale, con dramma giudiziario off, il principe del foro diventa un eroe, la suffragetta una martire, il padre un idealista ammirevole. Li salvifica in nome della sofferenza e della costanza? Non è dato sapere, vincono il disordine e il teatro filmato.