Noir, Poliziesco, Recensione

IL BUCO (1960)

Titolo OriginaleLe trou
NazioneFrancia
Anno Produzione1960
Durata100’

TRAMA

1947: un ragazzo è messo in cella con alcuni detenuti che hanno già pianificato l’evasione.

RECENSIONI

L’ultima opera di Jacques Becker, prematuramente scomparso, è, dopo Grisbì, un altro capolavoro del cinema criminale: tratta da un romanzo di José Giovanni (futuro regista che si fece undici anni di galera per rapina a mano armata e compì due tentativi d’evasione; lo impersona Philippe Leroy, all’esordio come Catherine Spaak), quest'opera pedina attimo per attimo, colpo dopo colpo (per formare il "buco", nel pavimento prima e nelle fogne poi), i cinque carcerati e la loro fuga dalla prigione. La tensione, orchestrata magistralmente sui tempi d'attesa, è altissima e costituisce un modello opposto al cinema hollywoodiano: senza bisogno di stereotipi dinamici e trucchi di montaggio, compone un palpitante film di genere, fondando ritmo e passo emozionante sulle psicologie e l’etica comportamentale. Lo spettatore si identifica con i prigionieri e non ha bisogno di conoscere i loro reati, la loro pericolosità: Becker non li giustifica nell'innocenza, essi contano solo in quanto uomini con un carattere, un codice d'onore, dei sentimenti, un ingegno ed una costanza da premiare anche se aggirano (vedi il tunnel della fogna) gli ostacoli. Conta solo la loro (e la nostra) ansia di libertà, ed è evidente (alla luce del finale) che può esistere un baratro fra la Giustizia e il Giusto, fra un galeotto "onesto" ed un figlio di papà lezioso o una guardia sadica (la scena del ragno). Amicizia virile (potente la sequenza della stretta di mano fra le macerie), diffidenza verso le donne (due personaggi sono finiti dentro a causa loro), sviluppo amaro del racconto, contrapposizione fra generazioni differenti (Grisbì) e uno sguardo benevolo, quasi anarchico verso gli "outsider" del Sistema Sociale (che valgono di per sé, a prescindere dal contesto, dalle sue regole, dalle definizioni di Bene e Male), sono costanti del cinema dell’autore. Jean Kéraudy (Roland) ha un'indimenticabile presenza scenica, e praticamente interpreta se stesso (evase veramente). Il film lascia con una rabbia in corpo importante, eversiva.