Baro-metro

Il Baro-metro: sguardi dalla sala (07/2017) – 5

GLI SPIETATI IN TRINCEA: LA VOCE DI UN ESERCENTE

Questo trimestre diamo la parola a chi vive sulla sua pelle ogni giorno gioie e dolori della sala cinematografica. A raccontarci la sua preziosa esperienza è l’esercente Morris Donini, gestore di una sala nella provincia di Bologna. Lascio a lui le parole per descriversi. A corredo dell’articolo alcune fotografie che mostrano la vitalità della sala, il Nuovo Cinema Mandrioli, da lui gestita. Quando il lavoro diventa passione.

Passo la parola a Morris Donini:

Ho appena compiuto 20 anni di gestione cinematografica, e da 14 gestisco una monosala nella provincia bolognese – Nuovo cinema Mandrioli a Ca’ de’ Fabbri – una delle pochissime realtà esistenti rimasta completamente autonoma e indipendente, con programmazione commerciale con un occhio di riguardo per le famiglie nel fine settimana, e una rassegna di film d’essai dal grande seguito il giovedì sera. Da 3 anni seguo anche la gestione del cinema Italia di Castenaso, piccola sala storica, rinata grazie all’intervento del Comune. Presto grande attenzione alla programmazione, con prime visioni sempre di qualità, il weekend e il martedì (giorno di rassegna) a cui si uniscono film per ragazzi tutti i sabati e le domeniche pomeriggio.”

Com’è andata la stagione? Quali le ombre e quali le luci?

È stata una stagione disastrosa, quindi le ombre sono lunghe e le luci presenti sono i lanternini residui degli entusiasmi della stagione passata, che si stanno lentamente spegnendo. Tanti film che sulla carta sembravano degli assi vincenti non hanno mantenuto le promesse e non c’è stata quasi nessuna sorpresa tra i film “di seconda linea”. Ma più di tutto ha influito sulla pessima stagione il rendimento scarsissimo del cinema italiano, dal quale non si può prescindere. Questa estate sono stato in vacanza in Francia e ho avuto modo di confrontarmi con alcuni esercenti di oltralpe. Più di tutto mi ha colpito il loro ottimismo e la fiducia nel prodotto che propongono al loro pubblico; tutti i giorni aprono i loro cinema sapendo che ci sarà gente pronta a riempire le loro sale. Da noi c’è uno scoraggiamento generale, oramai ci sono i film-evento che si contano sulle dita di una mano (e molte volte anche quelli floppano) e di tutti gli altri film ci si interroga se potranno intercettare un qualche tipo di pubblico. Anche il periodo natalizio oramai non è più sinonimo di grandi incassi, l’epoca dei cinepanettoni è esaurita e non è stata sostituta con altri film, molta gente ha perso l’abitudine di andare al cinema anche quell’unica volta l’anno”.

Quali film ti hanno stupito in positivo e quali invece in negativo a livello di riscontro del pubblico?

Come detto sono più i film che hanno deluso rispetto a quelli che hanno brillato; per esempio c’era grande attesa per il film di Pif In guerra per amore, così come per il secondo capitolo di Smetto quando voglio. Entrambi hanno profondamente deluso, ma anche dal film di Alessandro Siani ci si aspettava molto di più. La sorpresa della stagione è stata Lion, che complice di un passaparola straordinario ha avuto una tenitura eccezionale. Poi ci sono le sorprese mancate ovvero quei film che sono piaciuti tantissimo al pubblico, e che hanno avuto una media sala molto alta, ma che alla fine dei conti hanno avuto un incasso generale basso: Sing Street, Captain Fantastic, Io, Daniel Blake, Il diritto di contare.”

Tra distributori ed esercenti il rapporto è spesso conflittuale. Se fossi un distributore cosa faresti di diverso?

Questa è la vera questione annosa. C’è da sempre un clima di non fiducia e di ostilità tra le due parti e questo danneggia entrambi. Io da esercente non capisco gran parte delle scelte strategiche della distribuzione, che creano un danno all’esercizio e questo è paradossale perché il guadagno del distributore è in percentuale a quello dell’esercente; c’è una rigidità estrema sulla programmazione, per cui il film viene “calato dall’alto” dal distributore, che te lo concede quasi a farti un favore, a patto di lunghe teniture, con condizioni di noleggio spesso capestro, arbitrarie e non negoziabili e col divieto di doppie programmazioni. Con la mia esperienza di esercente, se fossi distributore per prima cosa eliminerei le agenzie regionali, che fungono da intermediario ma che troppe volte rappresentano dei feudi di potere; ogni regione ha regole diverse e se si ha la sfortuna di avere un cinema in una regione in cui due agenti si rivaleggiano, a rimetterci è spesso l’esercente perché entrambi gli agenti per ostacolarsi impongono teniture più lunghe dei propri film e proibiscono doppie programmazioni. Occorrerebbe superare la distinzione regionale per ragionare invece sulla specificità delle tipologie di sale e dove sono collocate: per farti un esempio che mi riguarda, una monosala in una zona senza altri cinema non può essere costretta a proiettare esclusivamente lo stesso film per più settimane; questo crea disaffezione da parte del pubblico che inevitabilmente trova quello che cerca altrove (che il più delle volte significa non in altri cinema ma in altre piattaforme, per lo più illegali). Queste logiche distributive potevano avere un senso sessanta anni fa, quando la sala del paese era l’unico spettacolo a cui la gente aveva accesso, ma non hanno più motivo di esistere in un mondo in cui tutto quello che cerchi ce l’hai immediatamente a portata di mano. Se si aggiunge che la maggioranza degli agenti sono anche esercenti, questo fa sì che si crei un meccanismo perverso per cui l’agente-esercente decide quale film può o non può proiettare il proprio rivale. Qualsiasi distribuzione lungimirante capirebbe che per superare questo impasse è fondamentale attuare una multiprogrammazione oculata, seguendo il modello francese, per cui ogni sala ha accesso ogni settimana a svariati film, che vengono proposti per parecchie settimane, con pochi spettacoli al giorno ma negli orari più consoni per la tipologia di film. La prima regola, apparentemente più banale, è che bisogna ragionare pensando al pubblico ma a noi esercenti molto spesso ci è preclusa la possibilità di scegliere il prodotto che riteniamo migliore per la nostra tipologia di pubblico. Se fossi distributore cercherei un dialogo proficuo con gli esercenti teso a individuare e a mantenere la specificità e l’identità che ciascuna sala si è creata, anziché porre dei diktat, senza alcuna possibilità di confronto”.

Da spettatore, quali sono le cose che ti spingono a varcare la soglia di una sala cinematografica?

Naturalmente il film è la prima discriminante. Però -quando posso- scelgo dove vederlo, e ciò che determina la mia scelta sta nell’accoglienza che troverò. Quindi pazienza se le poltrone non saranno particolarmente comode o se lo schermo non sarà enorme”.

È vero che il destino commerciale di un film dipende in gran parte dalla distribuzione che riesce ad avere?

Capita spesso che film che hanno distribuzione più deboli siano penalizzati. Mi vengono in mente due film che a livello nazionale non hanno fatto grandi numeri ma che nelle mie sale hanno avuto ottimi risultati: 7 minuti e A spasso con Bob, entrambi distribuiti da piccole case, che non hanno la forza necessaria per imporsi sul mercato e vengono schiacciate da distribuzioni importanti, le quali occupano tutti gli spazi sul mercato. Per farti un esempio al contrario: tra le tante condizioni poste, per poter proiettare il film di Checco Zalone tutti gli esercenti sono stati costretti a programmare il film Chiamatemi Francesco (altrimenti passato inosservato) per ben due settimane. Queste teniture ingiustificate hanno generato un discreto successo al botteghino – nonostante le presenze in sala fossero scarsissime- e hanno tolto la possibilità di programmare un altro film che avrebbe potuto interessare maggiormente il pubblico. Questo dà l’idea di quanto il mercato sia distorto”.

Estate al cinema moscia: cosa non ha funzionato?

Il problema è che questa non è l’eccezione, ma la regola, che purtroppo si sta ancor più accentuando (film campioni di incasso come Wonder Woman in tutti gli altri mercati, da noi sono stati dei flop). Sembra che in estate esista soltanto un certo tipo di pubblico attratto dai fantasy e dagli horror, mentre invece ne esiste anche un altro, che non andrebbe trascurato (La pazza gioia uscito lo scorso anno a fine maggio dovrebbe servire da insegnamento). Dicono sia un problema di morfologia del territorio, io credo invece sia anche una questione culturale: ci hanno insegnato che in Italia in estate non ci si ripara dal torrido caldo rinchiudendosi in una comoda sala climatizzata ma, nel caso si riescano a trovare due ore di tempo da dedicare al cinema, queste le si possano trascorrere solamente recuperando i film persi della stagione, all’aperto, seduti su scomode sedie di ferro, continuamente disturbati da schiamazzi provenienti dai parchi vicini o da rumori di aerei, infastiditi dal fumo di sigaretta dei vicini, dissanguati dalle zanzare, con proiezioni con una qualità dell’audio imbarazzante. Un altro bel paradosso, no?

Si fa un gran parlare di lotta alla pirateria eppure è sempre molto facile scaricare illegalmente un film dalla rete, così facile che molti non si rendono nemmeno conto che non è legale. Come pensi si possa combattere questo fenomeno dilagante e, pare, impossibile da circoscrivere?

Non ho grandi soluzioni a riguardo ma credo che ci vorrebbe almeno la volontà di combatterla, cosa che mi sembra che in Italia non ci sia. In alcuni paesi le leggi sono molto più severe, non solo per chi crea i siti pirata, ma anche per l’utente che accede ai siti. La gente andrebbe educata, ma allo stesso modo andrebbero create piattaforme in cui poter accedere al prodotto (adesso il tempo di vita di un film si è terribilmente accorciato e capita molto spesso che se non riesci ad andare a vedere il film nella sua settimana di uscita non riesci più a recuperarlo altrove; sarebbe opportuno –con le dovute windows- creare un luogo di “recupero” di tutti i contenuti, compresi i tanti film inediti, passati nei vari festival ma che non trovano distribuzione).”

Come riesci ad attirare il pubblico nella tua sala?

Non ho una ricetta collaudata se non quella della spontaneità e della passione: tutti i giorni mi alzo pensando che quello che faccio sia il lavoro più bello del mondo e che ho avuto una fortuna grandissima a realizzare il mio sogno di gestire un cinema. È anche vero che tutti gli aspetti sono minuziosamente curati e che nulla è lasciato al caso: la programmazione è studiata minuziosamente per cercare di intercettare i gusti del pubblico e frutto di grande lavoro di mediazione con le distribuzioni per cercare di ottenere i film da me scelti e non imposti; cerco sempre di garantire un alto livello di qualità della proiezione e di comfort, perché un film deve essere visto nelle migliori condizioni possibili; la politica dei prezzi è un altro aspetto molto importante e per questo cerco di tenere i prezzi il più bassi possibile, con agevolazioni per universitari e abbonamenti a prezzi stracciati. Da 14 anni mantengo gli stessi prezzi, nonostante l’aumento notevole e costante delle spese e del costo della vita, per garantire il giusto prezzo, sempre. Ma l’aspetto fondamentale delle sale da me gestite riguarda il lato umano, quello dell’accoglienza. Mi piace coccolare il pubblico con svariate iniziative: serate con ospiti, feste in maschera, buffet a tema, giochi con coinvolgimento del pubblico, the e torte prima del film, ma anche tante piccole sorprese e regali personalizzati, quando il film ci dà la giusta ispirazione. Quando riesco mi diverto anche ad impreziosire le proiezioni con altre forme di arte, coinvolgendo le associazioni e le compagnie del territorio. Tutte le persone sono ben accolte, (non solo gli umani, perché ospitiamo volentieri anche i cani ben educati); solo una cosa non tollero: la maleducazione. Cellulari che suonano in sala, display che si illuminano, chiacchiere e schiamazzi durante la proiezione non sono ammessi e vigiliamo continuamente durante la proiezione affinché ciò non avvenga.

Lo Stato può fare qualcosa in più? La nuova legge, con i decreti attuativi in corso di approvazione, cambierà le cose?

Siamo tutti in grande apprensione, e vogliamo essere fiduciosi sul fatto che ci saranno grandi miglioramenti e soprattutto maggior tutela dell’esercizio.

Cosa ne pensi del tanto discusso “Cinema2Day”, cioè il mercoledì a 2 euro?

Quanto di peggio possibile, ha contribuito ad affossare una stagione da dimenticare. Io non ho mai aderito e l’ho spiegato al mio pubblico, il quale ha compreso le motivazioni: è stata svilente per il cinema in generale e per chi svolge questo mestiere con impegno e passione; ha alimentato la schizofrenia del mercato (da 2 euro il mercoledì, a prezzi esorbitanti il giorno dopo) che ha premiato chi cerca soltanto la gratuità (o quasi), a discapito dello spettatore abituale; tutti i costi sono stati a carico dell’esercente, senza nessun tipo di agevolazione. 2 euro a film non consentono di ripagarci le spese, che rimangono alte: stesso affitto, stesse tasse, stesse condizioni di noleggio del film, stesso costo del personale, stesse spese di luce, acqua e riscaldamento. Dopo i primi mesi di entusiasmi, si è dimostrato quanto i cinemaday siano stati dannosi e si siano rivelati un boomerang, poiché hanno creato un ingorgo incredibile nel giorno della promozione, con sale prese d’assalto, orde di gente la maggior parte della quale non realmente interessate al film ma solo allettate dal prezzo, e sale deserte gli altri giorni. Fortunatamente possiamo parlare al passato poiché l’esperimento è stato archiviato ma gli effetti nocivi si protraggono perché ha contribuito ad alimentare la falsa percezione da parte della gente che il costo del biglietto per vedere un film sia alto (la stessa gente che è disposta a pagare 10 euro per un bicchiere di ghiaccio con una foglia di menta) quando il costo del biglietto è forse l’unica cosa che non è raddoppiata con il passaggio dalla lira all’euro; anzi, il prezzo medio sta progressivamente diminuendo.

Il cinema italiano non naviga in ottime acque. Per quale film nazionale il pubblico della tua sala accorrerebbe gaudente?

Così come la scorsa stagione è stata entusiasmante perché il cinema italiano ci ha regalato grandi soddisfazioni e molte sorprese (fenomeno Zalone a parte), questa stagione è stata particolarmente deludente perché è mancato completamente l’apporto dei film nazionali. E in provincia questa mancanza la sentiamo particolarmente perché la commedia italiana è il genere che più funziona ma quest’anno c’è stata una pericolosa battuta d’arresto, a causa di film fatti tutti con lo stesso stampino: solite storie, stessi cliché, soliti attori, stesse locandine, tanto che si fatica a individuare un film da un altro. Solo il film di Ficarra e Picone si è distinto dal mucchio. Mancano gli autori (ma questo è un problema non solo italiano), in grado di dare nuova linfa e creare nuovi stili che stimolino la curiosità del pubblico, come è stato il fenomeno di Lo chiamavano Jeeg Robot. Non si può vivere di solo Zalone, tirando a campare nell’attesa di un suo film ogni tre anni.

Ma se il nuovo film con Checco Zalone uscisse d’estate cambierebbe qualcosa?

Sì, cambierebbe, in meglio. Il prossimo film di Zalone è previsto –salvo ulteriori slittamenti- per gennaio 2019, periodo di grande intasamento di uscite e un film di tale portata blocca tutto il meccanismo di uscite, poiché –come è successo col precedente- la maggior parte degli schermi saranno occupati dal suo film. Se si avesse il coraggio di farlo uscire nella finestra maggio-agosto io sono sicuro che non pregiudicherebbe l’incasso del film, e a giovarne sarebbe tutto il sistema cinema.

Gli eventi funzionano in provincia? In precedenti interviste mi è stato fatto notare che il prezzo maggiorato, soprattutto per film, che siano riedizioni o meno, è un grande deterrente. Che ne pensi?

Io diffido dagli eventi, o meglio, cerco di valutare il valore dell’opera e capire se giustifichi il prezzo. Molto spesso si spacciano per eventi film che altrimenti non avrebbero la giusta collocazione e l’evento è il modo più semplice –e remunerativo- per ottenere maggiore visibilità. Mi viene in mente La tartaruga rossa (ma non è il solo) fatta uscire in Italia per pochi giorni, a prezzo maggiorato (per poi prolungare la tenitura), quando in altri paesi è stato fatto uscire come tutti gli altri film. La mia è una questione di principio perché in realtà mi rendo conto che se il pubblico vuole vedere un film è disposto a spendere qualche euro in più, anche in provincia. L’importante è che non si senta truffato; è per questo che il valore dell’opera è fondamentale.”

Perché uno spettatore dovrebbe venire nella tua sala e non nel multiplex più vicino?       

Anzitutto bisogna sfatare il luogo comune per cui il cinema di paese è sinonimo di sala modesta e il multiplex di avanguardia tecnologica. Tutte le persone che entrano per la prima volta nelle mie sale rimangono stupite dall’ambiente, dalla pulizia, dal livello di tecnologia e dal comfort offerto. Io invece molte volte mi stupisco per i bassi standard qualitativi che trovo in sale ben più blasonate delle mie, soprattutto se rapportati ai prezzi che applicano. Nelle mie sale le persone sono viste come tali e non come dei numeri, l’accoglienza è autentica e spontanea come quando si riceve una persona cara a casa propria. Io stesso sono sempre presente ad accoglierle e a fare quattro chiacchiere insieme al termine del film. Anche tra gli spettatori si crea un’atmosfera amichevole e molte persone vengono sole sapendo che in sala troveranno un’ambiente famigliare. Questo spirito lo ha perfettamente riassunto una cliente-amica: “il cinema a cui dai del tu”.


Dopo questo bilancio poco roseo non resta che rimboccarsi le maniche, per chi nel cinema ci lavora, e andare più spesso a gustarsi un film in sala, per chi invece del cinema ne gode.

Non mi resta che augurarvi, come al solito, buone visioni, su queste pagine e in sala.

Come sempre, per confronti, opinioni, chiacchiere, consigli, proposte, suggerimenti, l’indirizzo è:

LUCA BARONCINI


Pagine precedenti:

ANALISI BOX_OFFICE – IV TRIMESTRE STAGIONE 2016 / 2017 + ESTATE

COSA IL PUBBLICO HA VISTO

COSA IL PUBBLICO HA INTRAVISTO

COSA IL PUBBLICO NON HA VISTO + SE IL TITOLO NON AIUTA + LA LOCANDINA CHE VERRÀ