
I FLOP
Nel trimestre con il numero maggiore di uscite della stagione non possono certo mancare i flop.
Tra i più prevedibili sicuramente il remake del mitico Point Break di Kathryn Bigelow che punta tutto sulle tecniche di ripresa e sulla spettacolarità dimenticando nell’impervio percorso plausibilità, tensione, personaggi e storia. In U.S.A. è vera e propria catastrofe, con 28 milioni 782 mila dollari in 2.910 sale, mentre il resto del mondo incide sul totale di 134 milioni di dollari nella misura del 78,5%. Asso pigliatutto la Cina, con quasi 40 milioni di dollari; più deboli, ma comunque sostenuti, gli altri: 6 milioni di dollari in Russia, 5 milioni di dollari in Giappone, 4 milioni di dollari in Australia e 4 milioni e mezzo di dollari nel solitamente parco Venezuela, ma c’è una ragione, uno dei due protagonisti, il cucciolone Édgar Ramírez, è venezuelano e in patria è una star. L’Italia, che in queste occasioni non si tira mai indietro, premia il film con 3 milioni 400 mila euro, un ottimo risultato considerando il tenore del film. Il problema è però nel budget piuttosto alto di 105 milioni di dollari, impossibili da recuperare con il solo theatrical.
Più inspiegabile il megaflop di PPZ – Pride + Prejudice + Zombies. Il romanzo di origine di Seth Grahame-Smith è stato un best seller internazionale, gli zombi tirano sempre (il televisivo Walking Dead ne è una riprova) e il contrasto tra palpiti del cuore e brutalità in salsa horror sulla carta faceva scintille. Invece il rifiuto è stato unanime e il film è in perdita nonostante il budget contenuto (28 milioni di dollari). Negli Stati Uniti, nonostante le 2.931 sale a disposizione, gli incassi non raggiungono gli 11 milioni di dollari e il resto del mondo aggiunge solo 5 milioni e mezzo di dollari, con la massima punta in Gran Bretagna, ma con appena un milione di dollari. In Italia debutta al nono posto in 201 schermi con una media non eccelsa (€ 1.428), ma la seconda settimana crolla già al 19° posto con solo 59 sale e una media per schermo piuttosto bassa (€ 811). Per dire, l’affine La leggenda del cacciatore di vampiri, che contamina Abramo Lincoln con i vampiri, uscito in piena canicola estiva aveva incassato un milione 650 mila euro (e 116 milioni di dollari in tutto il mondo).
Dopo il grande successo home video di Zoolander, l’idea di un sequel deve essere sembrata un’ipotesi remunerativa, invece il pubblico ha deciso diversamente. Il nuovo capitolo, infatti, in fondo folle e scemotto come il precedente, è costato 50 milioni di dollari ma ne ha incassati solo 56, metà dei quali negli Stati Uniti. Chissà, forse è più divertente vederne qualche estratto in rete che sorbirselo in sequenza, anche perché solo di gag affiancate in fondo si tratta. Anche in questo caso l’Italia non si tira indietro e risponde al richiamo della stupidaggine in misura maggiore rispetto ad altri paesi, con un incasso di 2 milioni 182 mila euro. Solo Australia e Gran Bretagna hanno fatto meglio. Troverà, come il capostipite, riscatto nei mesi a venire? Non è da escludere, ma, data la pochezza del risultato, nemmeno scontato!
Dopo due anni dalla presentazione al Festival di Venezia è al fin giunto Good Kill di Andrew Niccol, lanciato con un trailer accattivante da Barter Multimedia, ma distribuito in pochi schermi (74) e senza una media per sala (€ 1.507) e un posto in classifica ( 13°) in grado di alzare il tiro alla seconda settimana, in cui perde il 59% degli incassi e scende in 20esima posizione. Finisce così per chiudere in fretta la sua corsa a poco più di 250 mila euro. Non è andata meglio nel resto del mondo se consideriamo che l’incasso complessivo è di appena un milione 200 mila dollari. Eppure aveva tutte le carte in regola per colpire il pubblico: un tema bruciante (la guerra con i droni), un regista per alcuni di culto, un attore in cui il pubblico si può riconoscere (Ethan Hawk), un bel po’ di retorica a stelle e strisce. Cosa non ha funzionato? Come mai American Sniper è stato campione di incassi e questo nessuno se lo è filato? Che sia stata l’accoglienza contrastata al festival di Venezia a tarpargli le ali? Difficile crederlo, e poi le recensioni americane sono mediamente positive! La totale indifferenza del pubblico e la poca spinta con cui è stato distribuito restano quindi un mistero.
Fa poca strada anche Legend di Brian Helgeland con un doppio Tom Hardy, proveniente da Cannes 2015. Il debutto italiano in 231 sale è al 13° posto (media modesta di € 1.101) e alla seconda settimana rimane in 106 sale andando incontro a un immediato abbandono: 18° posto e media per sala di € 543. Il totale di 382 mila euro è in linea con l’accoglienza sottotono ricevuta ovunque. Unica eccezione la Gran Bretagna, patria produttiva del film, del protagonista Tom Hardy e dell’autore del romanzo di origine John Pearson, con quasi 28 milioni di dollari. L’incasso worldwide di 43 milioni di dollari non è però sufficiente a coprire i 25 milioni di dollari di budget.
Non decollano, poi, il pasquale Risorto (300 mila euro contro i 45 milioni di dollari raccolti in tutto il mondo), Regali da uno sconosciuto – The Gift (768 mila euro), distribuito poco e male da Koch Media che, invece, essendo costato solo 5 milioni di dollari, si rivela piuttosto remunerativo (59 milioni di dollari globali) e il disneyano L’ultima tempesta, in uscita tecnica in 15 sale (29° posto) per un bottino miserrimo di € 23.108, che si rivela debole anche a livello internazionale (52 milioni di dollari contro i 75 milioni di dollari di budget). Stenta anche un film che sperava di rientrare tra i papabili per l’Oscar, cioè Truth di James Vanderbilt, che ha aperto senza troppo clamore (anche perché la delegazione era piuttosto striminzita) l’ultima Festa di Roma: solo 763 mila euro, appena 2 milioni e mezzo di dollari in U.S.A. e un box-office complessivo di 5,4 milioni di dollari rispetto ai 9,6 milioni di dollari di budget. Tutto ciò nonostante Cate Blanchett, Robert Redford, 1.122 sale negli Stati Uniti, un’inchiesta giornalistica piuttosto spinosa, riscontri critici mediamente positivi. Eppure il pubblico ha disertato le sale. Che sia stato interpretato come politicamente troppo schierato, quindi in grado di convincere solo chi era già convinto? Chissà, sta di fatto che il rifiuto del pubblico, nonostante un buon lancio globale, è stato unanime.
Incredibile ma vero inverte il trend anche la prima parte del capitolo finale della serie Divergent. Allegiant, infatti, non rispetta la regola delle saghe di successo, da Harry Potter a Hunger Games (anche lui più fragile nelle battute finali), che hanno visto la platea in progressivo aumento a ogni puntata fino al botto finale. Ma ripercorriamo le tappe di questa serie: Divergent è costato 85 milioni di dollari e ha incassato 288,9 milioni di dollari in tutto il mondo. Un risultato promettente che ha illuso di poter continuare sulla falsariga degli illustri predecessori. Insurgent ha visto aumentare il budget (110 milioni di dollari) e anche, pur se di poco, il pubblico globale (297,3 milioni di dollari), ma l’incasso U.S.A. è passato da 150 a 130 milioni di dollari. Con Allegiant in U.S.A. è debacle (65 milioni di dollari) e anche gli altri mercati mostrano un cedimento non da poco (dai 167 milioni di dollari di Insurgent ai 93 milioni di dollari di Allegiant). Che cosa è successo? Perché il giochino si è rotto? Tantissimi fattori: una serie con non troppo da dire tirata invece per le lunghe, la decisione di dividere il terzo e ultimo libro in due parti inventando a soli scopi commerciali il quarto capitolo Ascendant, recensioni pessime, un’uscita non in day-and-date che ha finito per penalizzare il debutto negli States dopo nove giorni rispetto alla maggior parte dei mercati. Vista la fase “discendent” la Lionsgate ha deciso di tagliare il budget del quarto capitolo, quindi il futuro della B-saga non può che peggiorare. Lo scopriremo il 9 giugno del 2017. Riusciremo a pazientare così a lungo? Penso proprio di sì!!
Ma se dovessimo decidere i floppissimi del trimestre, i titoli in ballo sono tre:
13 Hours: The Secret Soldiers of Benghazi di Michael Bay che abbandona i giocattoloni di Transformer per girare un film di guerra nella Libia post-Gheddafi in grado di incontrare il favore del pubblico solo in America, dove raccoglie quasi 53 milioni di dollari. Gli altri paesi aggiungono solo 15 milioni di dollari e il totale di 68 milioni di dollari non riesce a ripagare il budget di 50 milioni di dollari. La Universal fiuta il possibile flop e limita i danni nel nostro paese: debutto al 13º posto in 85 sale e seconda settimana al 28º posto in 36 schermi, per un totale di 205 mila euro.
Victor – La storia segreta del Dott. Frankenstein, tentativo di rinverdire il mito di Frankenstein cambiando la prospettiva. Scelta sulla carta lodevole, ma poco convincente sia per la critica, tiepida, che per il pubblico, non interessato. In Italia la 20th Century Fox lo lancia in 221 schermi, ma il debutto è al nono posto con una media per sala sconfortante di appena 672 euro. La scomparsa è immediata e i numeri si fermano a 150 mila euro. Anche il resto del mondo non fa la fila per vedere il film (5 milioni 775 mila dollari negli States, 5 milioni 176 mila dollari in Messico, poi il vuoto) e il totale di 34,2 milioni di dollari è insufficiente a pareggiare i conti (budget dichiarato 40 milioni di dollari).
Il “Flop d’oro” va però di sicuro a Gods of Egypt, un peplum trash stroncatissimo dalla critica e disertato dagli spettatori, perlomeno americani (31 milioni di dollari) ed europei. A salvare l’insalvabile ci provano Cina (35 milioni e mezzo di dollari) e Russia (11 milioni di dollari), ma i 140 milioni di dollari incassati in tutto il mondo, che non sono pochi e farebbero la fortuna di moltissimi titoli, corrispondono esattamente al budget del film e ne confermano il disastro commerciale. Anche in questo caso l’Italia un po’ abbocca, con un incasso di un milione 200 mila euro. Il debutto è in settima posizione (media di € 2.163 in 312 sale), ma alla seconda settimana, probabilmente a causa di un passaparola non propriamente positivo, perde il 70% degli incassi (14º posto) e alla terza un ulteriore 85% (24º posto).
La prima parte del Barometro, con l’INTRODUZIONE e gli OSCAR dal punto di vista degli incassi la potete trovare qui.
A seguire, la terza parte del Barometro, con uno sguardo su ANIMAZIONE E FILM PER FAMIGLIE, D’ESSAI e ITALIA.