TRAMA
Tre episodi (un francese affascinato dall’atto gratuito; un italiano dell’alta borghesia attratto dal contrabbando; uno psicopatico inglese in cerca di gloria) di ordinaria follia giovanile.
RECENSIONI
Costruito seguendo la forma dell'inchiesta giornalistica, il secondo film di Antonioni (il primo, di due anni precedente, era il bellissimo "Cronaca di un amore") vuole essere un ritratto fedele del vuoto esistenziale della "gioventù bruciata" europea. I giovani descritti nei tre episodi ambientati in tre paesi diversi (Italia, Francia, Inghilterra) non sono sottoproletari ma figli della borghesia bene, educati nel culto del denaro e del successo. Nella "mobilitazione generale della violenza" (come si dice nel fastidioso prologo), in un'epoca in cui quest'ultima appare trionfante, il delitto viene reputato dai protagonisti lo stumento adatto a soddisfare la loro brama di danaro, il loro desiderio di successo, unica via d'uscita dal grigiore, dallo squallore quotidiano, dalla gabbia dell'anonimato. L'opera, incompiuta e fondamentalmente irrisolta, pur contenendo "in nuce" temi tipicamente antonioniani (vuoto esistenziale, incapacita di comunicare, alienazione, disagio della civiltà) e pur regalando squarci di vita autenticamente sofferta, non scava negli abissi dell'interiorità, non ci fornisce un'analisi profonda del disagio giovanile ma rimane come in superficie. Le storie impressionano ma non inquietano (tranne forse l'episodio inglese, il migliore dei tre). Antonioni, forse frenato dai produttori, non va oltre una corretta trascrizione per immagini di fatti di cronaca. Fa parlare troppo i suoi personaggi e sembra ancora alla ricerca di un autentico, originale "modus operandi". Con "Il grido" (1957), suo primo capolavoro, tale ricerca potrà dirsi conclusa.