TRAMA
Dopo l’approvazione dei matrimoni gay nello stato di New York, Ben e George possono finalmente sposarsi. La notizia provoca però il licenziamento di George dalla scuola cattolica dove lavora come direttore del coro. Le conseguenti ristrettezze economiche portano i neosposi ad abbandonare l’appartamento in cui vivono e a trovare una sistemazione che li obbliga a separarsi temporaneamente.
RECENSIONI
Ben e George sono una coppia come tante. 39 anni di vita insieme che sfociano in un matrimonio tardivo in grado di sancire l’intensità di un rapporto che nel corso degli anni si è rafforzato. La caratterizzazione dei due protagonisti offre spunti di interesse, siamo lontani dagli stereotipi sul mondo gay tesi a sdrammatizzare una paura sociale della diversità: Ben è intemperante, irrazionale, con una vena artistica e creativa che concretizza nella pittura; George è un solido approdo, abbraccia senza conflitti interiori il cattolicesimo e smussa gli spigoli caratteriali del compagno con la ragionevolezza. Un equilibrio che ha del miracoloso, come in tutte le coppie che sopravvivono all’inesorabilità del tempo.
C’è sicuramente molto del regista e co-sceneggiatore Ira Sachs, ebreo e omosessuale, nei due personaggi che mette in scena. La sua opera non vuole essere però militante, e comunque non è il suo fine ultimo, l’omosessualità dei protagonisti è una semplice constatazione, così come l’oscurantismo della Chiesa Cattolica. Ciò che preme a Sachs è mostrare la solitudine in cui rischiano di perdersi George e Ben, la capacità di un amore di sopravvivere alla distanza, la quotidianità di una relazione messa a dura prova dal corso imprevedibile degli eventi. Il fatto è che per curarsi delle conseguenze perde di vista le premesse e poggia la sceneggiatura su basi assai fragili.
Risulta davvero poco credibile, infatti, la soluzione adottata dai due protagonisti quando George perde il lavoro e non possono più sostenere i costi elevati della casa in cui vivono. Anziché chiedere un prestito, cercare una sistemazione temporanea meno costosa, alloggiare in un pensionato, andare da un affittacamere, decidono di vendere la casa e, durante la transizione, farsi ospitare separatamente dagli amici e parenti che gravitano loro intorno. Da qui tutta una serie di (in)evitabili disagi dovuti alla necessità di adattarsi a ritmi e situazioni nuove. Ben deve dividere la stanza con il giovane figlio del nipote e fa vacillare l’equilibrio già precario della famiglia. George viene ospitato sul divano di una coppia di vicini di casa inclini ai party notturni, senza trovare una propria dimensione intima in cui potersi muovere a proprio agio.
Mancando di una costruzione narrativa sufficientemente motivata e credibile è dura lasciarsi coinvolgere dalla Via Crucis dei due protagonisti, molto concentrati sulle loro esigenze e poco empatici con i contesti in cui abbastanza incautamente si inseriscono. Se il nuovo ambiente in cui si muove George è appena accennato, il nucleo familiare in cui entra Ben è invece piuttosto approfondito e il film affronta le intermittenze comunicative di una coppia sull’orlo di una crisi a cui si somma la naturale irrequietezza del figlio adolescente. La regia in punta di piedi evita accuratamente ogni svolta sensazionalistica e affronta le dinamiche comportamentali attraverso un approccio minimale e quotidiano.
Sachs pare cercare verità nei piccoli accadimenti, nelle tante parole che i personaggi si dicono, attraverso cui spiegano emozioni e stati d’animo, nei conflitti più suggeriti che esplosi, e si affida al carisma dei suoi magnifici interpreti. La spiccata sensibilità che traspare, però, non riesce a dare un centro a un racconto che sembra composto da tante immagini di raccordo. A meno di non trovare significativa, e non banale, la chiusa fiduciosa con i due giovinetti che mano nella mano vanno in skateboard sorridenti incontro al sole. Inspiegabile il titolo italiano, per una volta, però, non peggio di quello originale, fuorviante e poco adatto a descrivere un amore quanto mai idealizzato e tradizionale che di strano ha ben poco.