TRAMA
Antoine Doinel è un ragazzo che, maltrattato a scuola dal maestro e a casa da una madre menefreghista e da un padre vigliacco, fugge da tutto e si mette nei guai.
RECENSIONI
Premiato a Cannes, quest’esordio nel lungometraggio di un militante dei Cahiers du Cinéma segnerà per sempre il Cinema nel segno della Nouvelle Vague: il segreto della sua folgorante malìa alberga nella profonda traccia autobiografica di un regista dall’infanzia turbolenta, riscattata da André Bazin cui l’opera è dedicata. La freschezza e il candore di un neo-cinema romantico, classico e rivoluzionario nel tendere alla letterarietà filmata e non alla semplice traduzione letteraria, si sposano alla perfezione con la generosa descrizione della fanciullezza, vista come un’età dell’innocenza inquinata da un mondo iniquo. Struggente come De Sica e realistico secondo Rossellini (il lungo sguardo affettuoso sui bambini durante la recita dei burattini), il tratteggio ricco di dettagli protesta contro l’impietoso “Sistema” con gli abiti dell’istituzione scolastica autoritaria, impregnata di conservatorismo nel modello educativo del “bastone e della carota”: parte con fini annotazioni umoristiche sulle piccole ribellioni adolescenziali e sul mondo della scuola (i maestri ridicolizzati; il bambino che s’impastrocchia con l’inchiostro), per trasformarsi in una tragedia implodente, dai pilastri impiantati in un quotidiano che accumula piccole distorsioni, assurda nella sua genesi (piccole fughe e marachelle), ingiustificata nell’approdo grave (il riformatorio), chiusa con un’espressione commovente del protagonista, fra il desolato e lo stupito, rivolta direttamente allo spettatore testimone del suo percorso. La indossa l’altra grande, imprescindibile magnificenza del film, un Jean-Pierre Léaud dal volto e fare inimitabile: le sue espressioni entusiaste nel gioco della centrifuga o il suo dire “È morta” (la madre, come giustificazione) sono attimi indelebili di vita cinematografica. Un prodigio diretto prodigiosamente, con un personaggio di reietto da amare incondizionatamente quando dedica un piccolo tempio alla “ricerca dell’assoluto” di Balzac e perché non è mai compiacente pur con tutti i pori che urlano il bisogno d’affetto. Fra poesia, sentimento, libertà (“Fare i 400 colpi” sta per “combinarne di tutti i colori”), Il Piccolo Fuggitivo, Zero in Condotta (citato nella scena della gita, in cui gli alunni cambiano direzione rispetto ai maestri) e Sono Nato, Ma…