Fantastico, Horror, Western

I PECCATORI

Titolo OriginaleSinners
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2025
Durata137'
Sceneggiatura
Fotografia
Scenografia

TRAMA

Due fratelli gemelli tornano nella loro città natale per lasciarsi alle spalle le loro vite precedenti e ricominciare da capo. Tuttavia, diventa presto evidente che la loro vecchia casa è infestata da un grande male.

RECENSIONI

Prendendo in esame i tre registi afroamericani più rilevanti di questa generazione, quello di Ryan Coogler è forse l’unico nome che, per impatto culturale e cinefilo e per strategia commerciale, ancora non anticipa il titolo del film da lui firmato. Banalmente, non facciamo nessuna fatica a pensare a costruzioni del tipo “Il nuovo film di Jordan Peele” o “Il nuovo film di Barry Jenkins”, mentre “Il nuovo film di Ryan Coogler” suonerebbe quasi come una forzatura, in una filmografia composta da opere così rilevanti dal punto di vista commerciale e capitoli importanti di franchise ancora più importanti che però prediligono la serializzazione all’autorialità. Il punto è proprio questo: è un autore Ryan Coogler? Come può essere autore uno che esordisce a 27 anni al Sundance con un piccolo cult indipendente (Prossima fermata Fruitvale Station), per poi vendere immediatamente l’anima alle major (Creed) fino a stringere il patto col diavolo e diventare una delle figure di spicco del Marvel Cinematic Universe (Black Panther e Black Panther: Wakanda Forever)? Il senso ultimo di una domanda tutto sommato così banale e polverosa sta solamente nel capire come e se possiamo finalmente unire i puntini, ora che I peccatori ci ha fornito tutto ciò di cui avevamo bisogno per provare quantomeno a definire le coordinate del lavoro di un regista estremamente popolare, che finora ha diretto film che si sono visti molto ma sui quali, forse, si è riflettuto poco.

Non è sicuramente nello stile che va cercata una qualche forma di coerenza autoriale e neppure nelle ricorrenze narrative: quella di Ryan Coogler è innanzitutto una potente questione di affermazione produttiva attraverso cui riscrivere costantemente, dall’interno dell’industria e in chiave orgogliosamente black, il mito. Se Creed andava a rilanciare da un’altra prospettiva l’epopea sportiva per antonomasia del cinema hollywoodiano e se Black Panther finalmente consegnava alla storia del MCU un film dedicato ad un eroe dei fumetti così rilevante nella cultura afroamericana, con I peccatori Coogler alza ancora l’asticella riprendendo direttamente, per l’appunto, quel mito di cui sopra e declinandolo in una forma capace di usare il cinema e i generi come specchio di una nazione che nasce con le false speranze della frontiera (e del capitalismo) del western e muore con il bagno di sangue dell’horror. In questa ennesima origin story - dell’America, del razzismo, del male, della musica - è ancora il gesto produttivo a fare la differenza: budget consistente (è un horror da 90 milioni) e ambizioni commerciali vanno a braccetto con scelte tecniche ed estetiche (IMAX 70mm) che, lungi dall’essere soltanto i capricci di un autore votato allo spettacolo, sono invece un tassello importante di quell’affermazione identitaria al centro del suo cinema. Sta anche qui, nel suo rifarsi dichiaratamente ad una grandeur d’altri (bianchi) tempi per poi ribaltarne il segno anche attraverso la forza dirompente del genere, il senso stesso dell’intera operazione.
Dei film che vanno a comporre questa ideale trilogia black sulle origini del mito - sportivo, supereroistico, culturale - I peccatori mi sembra allora il tassello più complesso e personale, trascinato com’è da quel genuino fascino per il racconto popolare che, soprattutto nella prima parte, trova nelle immagini quel tempo e quel respiro che si confanno alle grandi storie (ed è un peccato che il terzo atto mantenga solo in parte le promesse: la tanto attesa e prevedibile esplosione di violenza patisce infatti una messa in scena non così brillante). Rispetto alla smaccata autorialità dell’ultimo Jordan Peele, quello di Ryan Coogler è un afrosurrealismo che preferisce la metafora esplicita - i vampiri e la vampirizzazione portata dai bianchi come forma di colonizzazione degli spazi, della musica e della cultura nera - al simbolo da interpretare, ma che allo stesso tempo non si esaurisce in essa. Perché se è vero che in questo pseudo-remake ad alto budget di Dal tramonto all’alba (vicini nella struttura, eppure distanti anni luce negli obiettivi e nelle intenzioni) tutto è esplicito ed evidente, tutto è a favore di grande pubblico, è anche vero che in mezzo e prima di tutto c’è sempre il cinema e quindi quel sincero desiderio di raccontare con le immagini che per fortuna né il Ryan Coogler regista, né il Ryan Coogler autore hanno ancora dimenticato.