TRAMA
Jean-Louis è in una casa di cura: carente in memoria e mobilità, parla sempre di Anne. Suo figlio, allora, entra in contatto con lei affinché vada a trovarlo. Jean-Louis non la riconosce, ma si trovano bene insieme.
RECENSIONI
Dopo l’arzigogolato seguito del 1986 (obliato anche da Jean-Louis), Lelouch torna su Un uomo, una donna e il corto circuito fra finzione della storia sentimentale e realtà del passare del tempo genera un dolce struggimento, amplificato da un avvio sorprendente: durante un esercizio di memoria collettivo, lo zoom entra sul primo piano di Trintignant che, attore sublime, regge a lungo lo sguardo con indefinibili micro-espressioni, regolate sul dialogo esterno o interno, su di una canzone romantica (di Calogero e Nicole Croisille) o sull’andirivieni dei ricordi. A seguire un lungo, memorabile (non fosse lungo) incontro in giardino, in cui lui apre il cuore e lei ritrova l’amore perduto (‘Mi ha riconosciuta senza riconoscermi’). Spesso perso fra arabeschi e inopportuni svolazzi, il talento di Lelouch risalta in questa sobrietà che punta sugli interpreti, sullo scatto del ricordo filmico (gli amati flashback per un cinema in memoria di se stesso), sulla realità della senescenza (anche i figli sono interpretati dai bambini del 1966). Le sue battute illuminanti e gli aforismi esistenziali portano a riflettere sulla fine degli amori (l’intervista ad Anna), sulla morte (‘l’imposta sulla vita’), sugli errori (‘è più facile sedurre mille donne che mille volte la stessa donna’). Il Lelouch che ama il fuori pista, però, torna in almeno due (forse tre) sogni non annunciati, con iperboli gangsteristiche e l’alibi dell’atto d’amore per il cinema (enfasi: Ladri di Biciclette ha inventato la nouvelle vague): genera un altro corto circuito, quello fra rappresentazione di un amore e amore come rappresentazione che non necessita di corrispondenze reali. Se Jean-Louis è regista mentale di fantasiose avventure, manipolatore di responsi (lo sospetta la responsabile della casa di riposo) che finge i vuoti di memoria e gioca con l’amata, gli anni più belli sono ancora da venire (Victor Hugo) grazie all’immaginario del cinema, dove le storie non finiscono male e la certezza dei sentimenti vive in un ricordo sospeso, in una sovrimpressione che sfreccia nella Parigi futura del 1976 (il cortometraggio Un Appuntamento). Si può perdere la memoria ma non lo sguardo.
Claude Lelouch, classe 1937, è una vera istituzione del cinema francese. Ha realizzato nel corso di quasi sessant'anni 49 film (ed ha in preparazione il cinquantesimo), una produzione vasta che ha conquistato il pubblico portandosi a casa anche riconoscimenti importanti. Anche se il suo nome forse non gode della stessa stima dei padri della Nouvelle Vague, I suoi film e le sue storie sono ben riconoscibili e l'autore di Tutta una vita (titolo quanto mai azzeccato) può comunque vantare la stima degli spettatori, come quella di personalità quali Tarantino, che ha dichiarato di sentirsi molto vicino a questo ex enfant gâté del cinema d'oltralpe. Personaggi bigger than life, un passato prossimo guardato con suggestione, paesaggi lontani (o esotici) da considerare quasi mitici e ovviamente l'amore, su tutto e prima di tutto. I detrattori hanno sovente parlato di narcisismo o autocompiacimento ma un signore che ha raccontato per tanto tempo i sentimenti, esaltando la beautè du geste, è chiaramente destinato all'onore delle armi.
A Cannes 2019 è passato Les plus belles annèes d'une vie che è al tempo stesso un sequel e un omaggio a Un uomo, una donna, il film del 1966 che si portò a casa la Palma d'Oro (ex aequo col Germi di Signore & Signori) e l'Oscar come Miglior Film Straniero, consacrando a livello internazionale il nome del nostro regista appena trentenne. Protagonisti della pellicola erano Jean-Louis e Anne, un pilota automobilistico e una segretaria di edizione, genitori single che, galeotte le vacanze dei rispettivi pargoli, si incontravano in quel di Deauville, si amavano follemente e poi si lasciavano, accompagnati dalla celeberrima colonna sonora di Francis Lai (che ritorna, anche se insieme ai brani composti da Calogero). Negli anni ottanta c'era già stato un ritorno, se così si può dire, sul luogo del delitto con Un uomo, una donna oggi ma è chiaro che questo terzo film è più di un semplice “continuo”. Innanzitutto perchè Lelouch e i suoi protagonisti, Jean-Louis Trintignant e Anouk Aimèe, sono tutti e tre ottantenni e i due attori non si limitano a riprendere stancamente i personaggi che li resero celebri ma portano sullo schermo un vissuto e una sincerità genuini.
Lo spunto iniziale se vogliamo è un po' pretestuoso ma siamo in un film di Lelouch e quindi la sospensione dell'incredulità è richiesta. Jean-Louis è in una casa di riposo, ora è un signore infermo e malinconico. Il figlio Antoine si preoccupa per lui e decide di organizzare un incontro fra il padre e l'unica donna che apparentemente l'uomo ricorda fra le tante amate,;/: naturalmente Anne, che nel frattempo ha lasciato il mondo del cinema e si gode la terza età dedicandosi al suo negozio in Normandia e agli affetti (nello specifico la figlia e la nipote). Anne accetta di incontrare Jean-Louis e anche se inizialmente l'uomo sembra non riconoscerla (ma forse fa solo finta) il loro ritrovarsi è toccante. Tra Le pagine della nostra vita (ma senza gli aspetti melodrammatici) e Amour (ma senza essere tragico), gli ex amanti parlano, si raccontano, spesso proprio alla macchina da presa, ricordano gli anni della gioventù e allo spettatore sono regalate le immagini del primo film che ci restituisce i due protagonisti al massimo splendore. Questa scelta potrebbe essere considerata indelicata nei confronti di Trintignant e della Aimèe ma in realtà contribuisce a rendere il film anche un omaggio nei loro confronti, visto che alla bellezza giovanile col tempo si è aggiunto altro, come un'intensità malinconica ma anche una placida saggezza. In un breve cameo appare anche Monica Bellucci; si chiama Elena ed è la figlia nata da una delle tante avventure di Jean-Louis. Accenna Ti amo di Umberto Tozzi (brano che si sposa bene col cinema lelouchiano) e ricorda al padre che nessuna donna potrà mai amarlo quanto lei. E’ un momento che può risultare efficace soprattutto per chi conosce la biografia di Trintignant ma può essere interpretato anche come un omaggio all'Italia e al nostro cinema (del resto viene detto che Ladri di biciclette è il film che ha dato vita alla Nouvelle Vague, con buona pace degli sciovinisti francesi). Ad un livello più leggero è curioso notare che Lelouch ha voluto nei panni di Antoine e Françoise, i figli dei protagonisti, gli stessi attori bambini, ora adulti, di un tempo e fa tenerezza quel fugace accenno ad una storia nascente fra i due verso il finale.
Verrebbe da pensare che questo sia un film crepuscolare e per certi versi lo è (ribadito anche dalla dedica a Lai, al paroliere Pierre Barouh e al produttore Samuel Hadida recentemente scomparso) la citazione da Hugo che dà il titolo e apre il film, “gli anni più belli di una vita sono quelli ancora da vivere”, fa capire che Lelouch non vuole che i suoi “eroi” si accontentino di rimembrare i bei tempi andati (il protagonista forse non ricorda il proprio passato) e quindi eccoli di nuovo insieme in macchina (ora un po' meno spericolati di prima) e a vivere avventure in sequenze che forse sono più oniriche che reali ma in fondo fa poca differenza perché l'effetto e il divertimento è alla fine lo stesso. Inoltre la scelta di concludere il tutto con le immagini del corto del 1976 C'etait un rendez-vous, dove una macchina corre spericolata per le strade di una Parigi all'alba, chiarisce che I migliori anni della nostra vita è anche un omaggio che Lelouch fa a se stesso e al proprio cinema. Se pure non si è stati per forza di cose dei sostenitori convinti del suo lavoro si può convenire che un po' di autocelebrazione a questo punto è accettabile.