Commedia, Drammatico

I GIOIELLI DI MADAME DE…

Titolo OriginaleMadame de...
NazioneFrancia/Italia
Anno Produzione1953
Durata102'

TRAMA

Louise (D.Darrieux) sposata, per circostanza, ad un generale (Ch. Boyer), vende un paio di orecchini con cuori di diamante al suo gioielliere di fiducia, con una serie di passaggi, di mano in mano dei preziosi la fanno incontrare col conte (barone in originale, De Sica). Il gioco di menzogne alla base del movimento deve però, alla fine, essere bagnato nel sangue.

RECENSIONI

La scoperta del sentimento nella vita di Louise scalza la tranquilla certezza del solo gioco a tener conto dei rapporti umani, l'amore per il diplomatico italiano la coinvolge, la tormenta mentre, poco  tempo prima, all'apertura del film, la vediamo scorrere le pellicce i gioielli, con aria trasognata e vacua. La vacuità del cristallo, dello sguardo allo specchio racconta tutta la vita di Madame de… ed ancora più è indice della frattura che in tanto vuoto provoca l'oggetto estraneo. Max Ophuls stesso chiederà alla Darrieux: "Il Vostro compito, cara Danielle, sarà duro. Voi dovrete, armata del vostro charme, della vostra bellezza e intelligenza che tutti ammiriamo, incarnare il vuoto, l'inesistenza. […] Diverrete sullo schermo il simbolo stesso della futilità passeggera spogliata di interesse".
Per il regista la forma è tutto, la costruzione dell'intreccio (dal romanzo di Louise de Vilmorin) in cui Caso e Menzogna copulano gioiosamente dando luogo ora a memorabili scambi dialogici ("la Vostra frase che preferisco - dice l'italiano - è: "non Vi amo"") ora a turbini di movimento spaziale, sembra voler avvolgere d'aria un mondo, quello della Parigi inizi '900 -che potrebbe benissimo essere l'amata Vienna - decrepito e frizzante in cui la morte è presenza da scalzare a passo di valzer. Ma, appunto, ineluttabile è che la finzione, il mascheramento, i duelli galanti si condensino e sia la materia a reclamare uno statuto percettivo.
Fin dalla prima sequenza la m.d.p. di Ophuls e Matras instancabile ha inseguito senza requie il lucido ed impalpabile Bel Mondo, su e giù per le scale, nei riflessi, nelle danze: proprio in queste "I Gioielli di Madame de…" raggiunge la mirabilia, nel ballo tra Louise e Donati, sequenza che in susseguisi di dissolvenze incrociate inanella cinque incontri successivi, uno dei riassunti cinematografici più strabilianti mai visto. Così come hanno dominato per tutto il film la leggerezza, il vento (i coriandoli di lettera gettati dal treno che diventano neve) ed il gioco stesso che ha messo in relazione i personaggi attraverso i gioielli, il cuore della vicenda, un cuore limpido e gelido, da Istanbul a Parigi ai laghi italiani, disseminando il quadro di rimandi statici di morte (il libro di preghiere, la caduta da cavallo, il vento) ora è la brulla realtà ad incunearsi. Il generale, in un crescendo drammaturgico magistrale, non può più accettare l'affronto dell'amante, con un pretesto lo sfida a duello. Louise accorrendo si domanderà il perché di un solo sparo. Cade sul muschio, un attacco di cuore. Uno sbotto di fisicità, la fine di uno scherzo che le ha fatto conoscere la vita.

Ad un certo punto, il generale di Charles Boyer dice alla sua signora: “La nostra felicità coniugale solo superficialmente è superficiale”. Affermazione che, se non si applica al rapporto asessuato con la consorte, al cinema di Ophüls calza alla perfezione, in quanto complessità della leggerezza, soprattutto nella prima parte di quest’opera che, forse, è il suo capolavoro, civettuola come la protagonista che fa morire di speranza i pretendenti sotto lo sguardo soddisfatto del marito, che entra in campo sommersa di pellicce e gioielli e passa di ballo in ballo. Commedia lieve e frizzante: come dicono i titoli di testa, l’esistenza di Louise sarebbe stata fatua e scorrevole se non fosse stato per quegli orecchini….ma il Fato ci mette lo zampino e la forma si sgretola dinanzi alla Passione. Louise, prima, tenta di resisterle, fugge, con l’assurda complicità del marito. Poi cede alla sua esplosione. Niente più commedia, ma passione, dramma d’amore, dove gli orecchini diventano il concreto simbolo di qualcosa che non si può imbrigliare, costringere in schemi precostituiti di convenienza sociale. A parte il fasto, l’eleganza di attori/scenografie/costumi nella Belle Époque, a stupire ed ammaliare, come sempre in Ophüls, sono i movimenti della macchina da presa fluidissima, i magnifici carrelli, distintivi di un grande autore, che seguono veloci l’incedere dei protagonisti, per piani sequenza di squisita fattura. Quando, poi, i due amanti danzano con i dipinti che fanno da divisori e con la mdp che danza con loro, gira davvero la testa. Senza contare che, nei segni del destino, negli inghippi del fato, nelle pieghe che prendono gli eventi, soggiacciono suggestioni infinite, da parabola morale, allegoriche (i ruoli: l’amante è un ambasciatore; il rigido marito un generale che crede nell’immutabilità; la moglie ha scelto un matrimonio di convenienza che pagherà), di collocazione storica (1880-85) come fine di un’epoca. Niente è semplice come appare.