TRAMA
Rachel è una donna single e realizzata. Conosce Ali, si innamora e va a vivere con lui. Con Leila, la figlia di quattro anni di Ali, stabilisce un rapporto via via sempre più profondo che le fa sorgere il desiderio di diventare madre.
RECENSIONI
Rebecca Zlotowski ci propone la Parigi idealizzata da decine di film francesi: la torre Eiffel fin dai titoli di testa, le lezioni di chitarra mentre fuori piove, le sigarette fumate senza sensi di colpa, le chiacchiere nei “café”, la scuola in grado di offrire opportunità, i professori solidali tra loro per il bene degli studenti, una multiculturalità non solo teorica ma base del quotidiano, i rapporti di coppia vissuti con consapevolezza e maturità, una professoressa come Virginie Efira, bellissima, luminosa e intelligente, che tutti vorrebbero avere come docente o collega. Ciò che può apparire stereotipato, però, non lo è affatto perché questa dimensione, che ci sembra di conoscere perché appartiene al nostro immaginario di spettatori, è sfondo fotogenico di un punto di vista originale e molto contemporaneo. La protagonista è infatti quella che di solito è la caratterista, l’altra, quella che teoricamente scombina gli equilibri (già scombinati e disequilibrati) di una coppia. Il luogo comune vuole che in questi casi l’interesse sia centrato sulle rivalità affettive e sulle lotte senza esclusione di colpi per conquistare o riconquistare l’amato, il più delle volte perno del racconto, in realtà nulla di tutto ciò interessa alla regista e sceneggiatrice. La Zlotowski scava infatti nell’interiorità della sua protagonista alle prese con un nuovo amore e con la di lui figlia, una bimbetta di quattro anni nei cui ritmi la donna si inserisce con pudore e a cui gradualmente finisce per affezionarsi. L’esperienza appagante e la nuova dimensione familiare, a cui si adatta con docilità e comprensione, fanno emergere un bisogno che pensava di non avere, almeno non in modo così bruciante, quello di diventare madre e di sperimentare in modo diretto la genitorialità.
Interessante e fuori da ogni retorica come tutto ciò non derivi dal percepirsi incompleta come donna, ma dal sentirsi esclusa da un’esperienza collettiva. Con grande realismo e sensibilità la regista problematizza senza trovare facili soluzioni, sfronda anziché enfatizzare, dando centralità alla carica umana della sua protagonista. Tutto è quindi complicato ma non insormontabile, occorre scendere a patti con il proprio sentire e cercare compromessi tra la ragionevolezza e l’irrazionale. È un film di sfumature quello della Zlotowski che mette in scena un personaggio straordinario e pieno di grazia, in grado di ascoltarsi senza porre muri giudicanti. Il merito è di una scrittura fortemente empatica che riesce a essere politica senza soffrire il peso di un’ideologia e di una regia al servizio del racconto e di ciò che l’autrice vuole veicolare. Si parla quindi di maternità, tempo che passa, affetti, pulsioni, equilibri familiari, scelte dolorose, voglia di lasciare tracce di sé, con una naturalezza e una sincerità rari. Il ginecologo saggio e pragmatico è il documentarista Frederick Wiseman.