TRAMA
Hsiao-kang è un vagabondo. Un giorno, mentre sta camminando senza meta per le vie di Kuala Lumpur, si imbatte in una banda di malviventi. Poiché i ragazzi si accorgono che Hsiao-kang non parla la loro lingua e non ha in tasca né soldi né documenti, lo picchiano selvaggiamente e lo lasciano a terra agonizzante.
RECENSIONI
Ipnotico o catalettico?
Fedele allo stile che lo ha portato alla ribalta internazionale, il malese Tsai Ming-Liang continua a osare laddove il cinema tradizionale fuggirebbe a gambe levate. L'elogio alla lentezza, con l’indugiare su quei tempi morti che altrove sarebbero scartati in fase di montaggio, o forse neanche filmati, è la sua cifra stilistica, il piano-sequenza e la fissità delle inquadrature, alcune delle armi espressive che preferisce, il dialogo una delle più evitate. Accostarsi al cinema di Tsai Ming-Liang e lasciarsi contagiare dalla sua visione richiede pazienza e volontà, ma la ricompensa, inaspettata, può arrivare. Il premiato "Vive l'amour" rappresenta in modo potente l'incomunicabilità di personaggi stretti nella morsa della solitudine e il loro bisogno disperato d'amore (il pianto finale della protagonista resta scolpito nella memoria ben oltre i nove minuti della sua durata). Così come anche "Goodbye Dragon Inn" sostanzia, nell'assenza di eventi e nel vuoto degli spazi, una nostalgia profonda per la sala cinematografica, intesa come luogo primario in cui vivere l'esperienza del cinema. Con "I don't want to sleep alone" sono ancora i gesti e la loro iterazione, e non le parole, a delineare i personaggi e il loro sentire. Continua a stupire come coordinate narrative che paiono ridondanti o prive di valore aggiunto contribuiscano invece a raccontare, nel silenzio, e a penetrare con efficace semplicità l'intimo dei personaggi, evidenziando una precisa visione d'insieme in cui nulla pare lasciato al caso. Nello sforzo che si compie per razionalizzare l'esperienza, però, si affaccia l'ombra della "maniera" e un interrogativo si fa gradualmente strada: e se tutti i film fossero così? Sai che incubo? Ma è il pensiero di un attimo, perché la bellezza del cinema sta proprio nella molteplicità di sguardi che lo compongono. Comunque sia, la visione lascia estenuati e solo in parte riconciliati con il cinema e l'utilizzo, parziale, che ne fa Tsai Ming-Liang.
