TRAMA
Ogni giorno, da sempre, Angela tiene un diario, scritto e disegnato, fatti pubblici, privati, incontri, letture, tutto vi viene registrato. Anche il resoconto di due viaggi in Russia (1989 -1990). Cadeva l’URSS. Diario su librini cinesi, sin da prima di Dal Polo all’Equatore (1986), del nostro ininterrotto lavoro sulla violenza del Novecento. Dai nostri tour negli Stati Uniti con i Film Profumati di fine anni Settanta, all’Anthology Film Archive di New York, a Berkeley Pacific Film Archive… Rileggo ora questi diari e rivedo il film-diario di tutti questi anni, sono rimasto da solo, dopo molti anni di vita e di lavoro d’arte insieme. L’ho portata sulle Alpi Orientali che amava e dove insieme camminavamo. Angela rivive per me nelle sue parole scritte a mano, con grafia leggera, che accompagnano i suoi disegni, gli acquarelli, i rotoli lunghi decine di metri. Guardo i nostri film privati, dimenticati. Registrazioni che stanno dietro al nostro lavoro di rilettura e risignificazione dell’archivio cinematografico documentario. La vita di ogni giorno, fatta di cose semplici, le persone vicine che ci accompagnano, la ricerca nel mondo dei materiali d’archivio, un viaggio nell’Armenia sovietica con l’attore Walter Chiari. Testimonianze che nel corso del tempo abbiamo raccolto.
Nota del regista
«È il mio ricordo di Angela, della nostra vita. Rileggo questi quaderni e ne scopro altri a me sconosciuti. Nuovi elementi nei suoi ultimi scritti e nei disegni: sulla Linea Gotica da bambina, in “prima linea “, nella Seconda guerra mondiale. La scuola d’arte con Oskar Kokoschka in Austria. Le pagine intorno a lui. Dresda. Sud Tirolo, la casa dove Mahler compone il Canto della Terra, il suo amore per Alma Mahler, la costruzione della bambola con le sue sembianze, l’ossessione dell’artista.
I “bambini folli” di Angela nella scuola speciale che le fanno abbandonare l’arte per un impegno civile durato anni, al fine di aiutarli. Per poi tornare con forza al lavoro d’arte compiuto insieme. Un ultimo rotolo privato contiene tutto il suo vissuto infantile, famigliare, pubblico. Il mio sforzo. Rivedere l’insieme dei quaderni del Diario infinito di Angela e lo sguardo all’indietro dei nostri film privati, che accompagnano la nostra ricerca. Il mio disperato tentativo di riportarla al mio fianco, di farla rivivere, la continuazione del nostro lavoro come scopo, missione attraverso i suoi quaderni e disegni, una sorta di mappa per l’agire ora, che ne contiene le linee direttrici e ne prevede la continuazione. Angela ed io abbiamo predisposto nuovi importanti progetti da compiere. La promessa, il giuramento, di continuare l’opera».
RECENSIONI
Sosteneva Stan Brakhage che l’atto di vedere non può che compiersi con gli occhi di quell’altro che siamo noi stessi; l’altro che sono i nostri stessi desideri, l’altro che è il nostro stesso pensiero. Un gioco di riflessi, quello evocato da Brakhage nelle pagine di In difesa del cine-amatore, che racconta meglio di tante parole il cinema di Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi; un cinema poco inquadrabile, perlomeno in Italia, che li ha portati a esplorare gli archivi di tutto il mondo e rifilmare vecchie pellicole, documentari, film scomparsi o condannati all'invisibilità. Sempre insieme, anche ora che Angela non c'è più. Rimangono i suoi diari che, come raccontato da Yervant, sono, oltre a un «disperato tentativo [...] di farla rivivere», una «sorta di mappa per l’agire ora, che ne contiene le linee direttrici e ne prevede la continuazione. [...] La promessa, il giuramento, di continuare l’opera».
E il primo lavoro nato da questa ritrovata collaborazione è I diari di Angela – Noi due cineasti, un film amatoriale, tanto nell'accezione nobile del termine, usata appunto dallo stesso Brakhage («l’amatore filma le persone, i luoghi e gli oggetti del suo amore […] Amatori e amanti sono coloro che guardano alla bellezza e si rendono simili a essa»), quanto in quella più ordinaria, che tratta l'espressione in questione come fosse un sinonimo di “famigliare”.
E I diari di Angela è a tutti gli effetti un home-movie, fatto con i cine-ricordi dei tanti viaggi (in Russia; negli Stati Uniti all’Anthology Film Archive di New York e al Berkeley Pacific Film Archive; in Turchia; in Iran; nell’Armenia sovietica e nella ex-Yugoslavia); incontri; situazioni ufficiali (la vittoria, nel 2014, del Leone d'oro alla Biennale d'Arte di Venezia), sempre però viste da una prospettiva intima; ma soprattutto con molti momenti domestici, di quotidianità casalinga, e qualche dolore privato, come quando Angela, prestando voce e commozione ai suoi acquarelli, ricorda la volta che stava per perdere Yervant, mangiato dalle fiamme divampate dall'esplosione di una vecchia bobina nitrato.
Ma il film, oltre a essere, ancora una volta, l'esplorazione di un archivio (solo che in questo caso si tratta del loro personale archivio), è, come già abbiamo detto, un appassionato gioco di riflessi: sono diversi i momenti dove l'uno rivolge verso l'altra il proprio obiettivo e viceversa: due cine-amatori che fanno del filmare e soprattutto del filmarsi il proprio gesto d'amore. Questo rispecchiarsi nell'altro è evidente fin dalla prima sequenza, semplice e potente allo stesso tempo, quando sentiamo Yervant leggere di sé dagli scritti di Angela: «la voce», e qui torna utile riprendere quello che sostiente Ezio Raimondi in Un'etica del lettore, «si trasforma, quasi sdoppiandosi, per mettersi alla prova della parola altrui» e quindi scoprire, per mezzo di questa, un nuovo aspetto di sé. Perché «nel momento in cui leggo, è vero, sono come sospeso in un altrove tessuto di ombre e di fantasmi. […] E nondimeno, pur in questo spazio gelosamente solitario e individuale, la lettura non è mai un monologo, ma l’incontro con un altro [...] che [...] ci rivela qualcosa della sua storia più profonda e al quale ci rivolgiamo in uno slancio intimo».