TRAMA
L’ipnoterapista Michael Strother possiede una pericolosa qualità: può percepire, per telepatia, alcune visioni dall’interno delle menti dei suoi pazienti. Mentre è impegnato nella terapia di una investigatrice che deve smettere di fumare, vede l’immagine di una bambina che galleggia sulla superficie di un ruscello. Strother viene così coinvolto nelle indagini su un serial killer …
RECENSIONI
Finalmente brividi
Guardando il film di Nick Willing lo spettatore è combattuto tra due fronti: la razionalità e l'emozione. A livello di sceneggiatura, infatti, il lungometraggio riesce a dare un senso a tutti gli interrogativi disseminati lungo la complicata storia, ma non evita buchi logici e luoghi comuni. Ci sono proprio tutti gli elementi del genere thriller in chiave horror, nessuno escluso: gli incubi, le visioni premonitrici, la bambina bionda, il serial killer, l'efferatezza, le voci registrate, la setta satanica, i riti millenari, le antiche iscrizioni, un'investigatrice sfiduciata, il trauma da rimuovere e la cornice di una Londra lontana dal glamour e immersa in grigie atmosfere di periferia. Il bello, però, è che l'andamento è talmente appassionante che solo a posteriori ci si rende conto dell'ingenuità di qualche passaggio (tra gli altri, la casuale identificazione delle due chiese mancanti dopo la caduta del caffè sulla carta geografica e l'evidente medaglione del "cattivo" che illumina l'arguzia sonnecchiante della poliziotta) o di alcuni eccessi (il corpo di polizia, ai limiti del grottesco). E poi, cosa sempre più rara nei tanti epigoni americani a base di vittime sacrificali under 18 e mostricioni in gomma, il film riesce a fare paura. La vecchia scrittrice ha una faccia che non si dimentica e quando con la voce bassa e lo sguardo fisso abbandona repentinamente l'inglese per passare al francese pronunciando "Je suis fatiguée" mentre si rigira i polpastrelli della mano, mette davvero i brividi. Così come funzionano i passaggi dall'onirico al reale, forse prevedibili ma sempre in grado di spiazzare nonostante i sensi all'erta. Il merito è della potente regia, che stabilisce subito un feeling con il pubblico attraverso un'ambientazione quotidiana molto credibile, prediligendo l'azione al ragionamento e caratterizzando con immediatezza i personaggi. Perfetti anche l'aderenza alle immagini del commento sonoro (sia la musica che gli effetti) e l'interpretazione di Goran Visnijc (il Luke Kovac della serie E.R.), in grado di conferire al protagonista una fragilità (in più di un'occasione lui stesso salta dallo spavento) dall'efficace effetto empatico. Tra i due fronti a vincere è quindi l'emozione e il film ha proprio il pregio di insinuarsi sottopelle e di proporsi come un vigoroso e riuscito intrattenimento.
