TRAMA
I fratelli texani Tanner e Toby compiono una serie di rapine in rapida successione: si accontentano del tanto che basta per non perdere il ranch di famiglia, che Toby vuole tramandare ai figli. È sulle loro tracce un ranger prossimo alla pensione.
RECENSIONI
Shock to the system
Non è l’ennesimo atto nostalgico o il balocco postmoderno del cinefilo: è tornato il cinema della New Hollywood, il Punto Zero che faceva eco ad un’esigenza sociale di rinnovamento e protesta. Sono eroiche le gesta disperate (“Ad ogni costo”, “Hell or high water”) di chi, reagendo ad un crimine istituzionalizzato, agisce fuori-legge: i novelli Butch Cassidy e Sundance Kid lottano, prima di tutto, contro il potere degli istituti bancari, che una felice intuizione della sceneggiatura accosta ai bianchi che rubarono le terre ai nativi americani. Mentre David Mackenzie (scozzese…) affida un ruolo fondamentale alle composizioni di Nick Cave e Warren Ellis (australiani: la protesta è generale), con archi esistenziali alla Eleni Karaindrou di Lo Sguardo di Ulisse, la sceneggiatura di Taylor Sheridan (Sicario, altro finto film di genere fortemente politico) s’ancora ad una precisa contingenza socio-economica che, come allora, contesta con umori malinconici e rabbiosi, con le traiettorie del cinema on-the-road e western (e “maschio” e “country”: nel focus sulla provincia disagiata, ricorda anche le prime due regie di Scott Cooper). Non rivisita ma adotta quel cinema per muoversi nel presente: negli anni settanta l’impari lotta contro il Sistema reclamava martiri per la Causa, Sheridan scinde l’archetipo in due fratelli complementari, uno figlio del ribellismo senza causa (finale in cima alla montagna: puro cinema di frontiera), l’altro de La Stangata, che vuole restare nel gioco. Per garantire un futuro alle nuove generazioni, non è più tempo di rapine con spasso a seguire (dice un comprimario, e tutti i caratteri minori sono una delizia) e di finali tanto epici quanto solipsistici. Il ranger di Jeff Bridges, invece, è una complessa rivisitazione dello sceriffo di Pat Garrett e Billy Kid, dove funzionario e criminale si specchiavano, per poi essere spazzati via dal Capitalismo. Sheridan riprende le fila del discorso, con un antagonista (simbolo, come allora, dei “padri”) che non è giudicato (anzi, sono uno spasso i suoi battibecchi con il mezzosangue) ma non viene più giustificato nella sua indifferenza, che dà per scontate le storture del Sistema (quando osserva i mandriani in difficoltà…) e perseguita i deboli. Il duello finale è rimandato, il messaggio alle nuove generazioni lanciato.