Commedia, Supereroi

HANCOCK

TRAMA

Ce la farà il nostro scorbutico, ubriacone, sporco supereroe a salvare il mondo e a diventare un simpatico beniamino del pubblico?

RECENSIONI

Il bignamino supereroistico dei nostri giorni impone il conflitto interiore. Non la semplice esitazione (che è umanissimo inciampo sulla retta via della virtù), né la riflessione ponderata (che ci rammenta che i superpoteri son poca cosa senza il cervello), ma una crisi bella e buona che scuota le convinzioni dell’Eroe, problematizzi il suo ruolo socio-politico, complichi l’umore e, infine, istruisca il volgo. Un conflitto abbinato - recita ancora la ricetta - a una personalità più o meno disfunzionale (l’antieroe vende: nei cinque film che hanno incassato di più nell’estate USA 2008 ritroviamo un paranoide introverso e violento, un mercante d’armi cinico e sgradevole e un barbone sociopatico - tutti supereroi). Quella che negli anni ottanta, sulla carta, era decostruzione radicale di un genere, oggi - quantomeno sulla pellicola - è un ritornello inerte e culturalmente innocuo (quando non propriamente nocivo). E se il pregio di Iron Man è la reinterpretazione sexy, narcisa e sbruffona di questo antieroismo standard (pregio quasi unico, però), il difetto di Hancock è proprio il contrario: la ricetta è stilizzata, l’esecuzione pedissequa e piatta, la pedagogia disarmante.
Certo, l’eroe burbero in mano alla superstar Smith è assai spassoso. Ma la cura che il copione gli impone è ammorbante: buone maniere, brand e costumino, pubbliche relazioni, political correctness, legalismo. (E senza alcuna ironia). L’anomalia di Hancock arriva improvvisa: un paio di colpi di scena incredibili smantellano le attese e mutano bruscamente toni e umori della pellicola. La contaminazione, però, è confusa e l’effetto parecchio dubbio. Charlize Theron è bellissima.

Intervista a Charlize Theron
messa a disposizione da WaytoBlue

I: Ho appena finito di parlare con Akiva [ndr: Goldsman, il produttore] e, senza che io sveli niente, ti descrive come il cuore di questo film così particolare. E' questo che ti ha spinto ad entrare a far parte del cast?

CT: Era ubriaco?

I: Non in quel momento.

CT: Ok. È stato molto carino! Non posso prendermi il merito, credo che sia proprio una questione di qualità dei contenuti e delle sensazioni che sa dare. Come attrice, devo tentare di essere fedele al copione, e Akiva ci ha dato del materiale davvero incredibile su cui lavorare, odio l'eccessivo uso della parola originale, ma io l'ho trovato molto originale e diverso. Ero molto eccitata all'idea di portare il mio contributo e dare il meglio di me. Penso che ci sia sempre tanta passione, quando si entra nella sfera degli affetti e dei sentimenti reali, o quando si parla di qualcosa che sorprende le persone, come nel caso appunto di un film su un supereroe. E credo proprio che questa umanità traspaia, con lui e con Mary che in un certo qual modo si trova bloccata senza possibilità di scelta in questo mondo, con un marito fantastico ed un supereroe. E'una bellissima mescolanza un po' surreale di mitologia greca, di Romeo e Giulietta, una sorta di opera shakespeariana, ed io ho semplicemente cercato di celebrarla.

I: Quale è stato l'apporto di Will al ruolo di supereroe?

CT: Non così importante, ma io l'ho aiutato, ho tentato di cogliere questa fortuna, perché lui sta cercando di sfondare al momento, credo che avrà una carriere discreta, non molti lo conoscono, ma credo che questo film cambierà la sua carriera. Secondo me tutto andrà bene dopo questo film. Lo aiuterò.

I: Che ne pensi del set?

CT: Peter Berg, il nostro regista, è così il suo stile. È il suo modo di lavorare, non ho mai fatto un film dove la telecamera non si ferma mai, cioè lui non taglia, la cinepresa gira costantemente. La cinepresa... ci sono almeno cinque cineprese che girano continuamente, non ci sono pause, tagli e puoi fare praticamente qualsiasi cosa, per esempio nel bel mezzo di una scena senti lui che urla qualcosa, Will e io ci guardiamo e, all'improvviso, la scena cambia completamente cioè, è come se fosse una costante sorpresa, c'è sempre questo elemento sorpresa.
Io non sono molto abituata al suo metodo di lavoro, e quindi sono infinitamente grata di aver lavorato con Will e Jason; hanno questa naturale capacità di avere un tempismo perfetto, per me è stato un po' come trovarmi nel bel mezzo di tutto, atterrita, mentre le cineprese giravano. Ma ora che ho guardato il film mi sono resa conto che questo sarebbe stato l'unico modo per realizzarlo. Penso che così facendo, Peter sia riuscito a lasciare la sua impronta, e non è una cosa molto frequente oggi, con questo genere di film. Ti senti come se lo avessi fatto tu, grazie al modo in cui è stato girato, ed è questo che rende questo film così originale.

I: Perché pensi che la gente voglia credere nei supereroi?

CT: Non lo so, perché le persone credono in Dio? Forse per una parola di conforto, perché ci ispiriamo a grandi leader, forse perché fa parte del nostro modo di essere, credo che ci faccia sentire persone migliori, sapere che c'è qualcuno, non Hancock perchè è ubriaco, ma quando gli passa la sbornia, credo ci sia qualcosa, soprattutto con quello che fa Akiva aggiungendo la mitologia greca, c'è qualcosa di quella storia che potrà interessare le persone, ti da sollievo, c’è qualcosa di speciale che puoi fare, qualcosa di grande, salvare il mondo come il supereroe, salvare il mondo, ispirando le persone con cui parli, è qualcosa che serve all'umanità.