Horror, Recensione

HALLOWEEN II

Titolo OriginaleH2: Halloween II
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2009
Genere
Durata101'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Halloween. Michael Myers si rifà vivo in città, con le idee confuse, in preda a strane visioni.

RECENSIONI

Che Halloween: The Beginning fosse un film troppo rispettoso, pulito e lineare lo si era visto (e scritto) subito. E scriviamo subito che, con questo II, Zombie ha cercato con lapalissiana evidenza di zombie-zzare il dittico, svincolandosi da un riferimento meno nobile (il sequel di Rosenthal), sporcando, complicando: 16mm sgranato e barcollante, (assenza di) luci naturali(stiche), primissimi piani asfittici, montaggio labirintitico, parossismo gore e una narrazione tendente all’arbitrario. Troppa roba? Apparentemente sì. Il film soffre di una foga personalizzante perennemente sfuocata, decentrata, fuori sincrono. Manca di naturalezza, di spontaneità, di fluidità: quel vigore malsano e inarrestabile che ci aveva deliziato in The Devil’s Rejects, quella furia eversiva striata di sangue rappreso, quei “pesanti” ma sottili giochi di identificazione spettatoriale, tutto quello che ci aveva fatto salutare Rob Zombie come uno sguaiato, splendido (Cattivo) Maestro, in Halloween II è scimmiottato alla meno peggio, imitato nella forma ma banalizzato nella sostanza, in una parola, tradito. In aggiunta a questa tendenza automimetica, Rob Zombie gioca anche nuove carte che non sempre gli si addicono: insinua approfondimenti/parallelismi (para)psicologici un po’ alla viva il parroco (i “fieri pasti” di Michael e sorella, in montaggio alternato, che dovrebbero sancire l’omologia famigliare), confonde le acque narrative con vecchi espedienti (“era un sogno”) nobilitati dalla dilatazione temporale degli stessi e dalla fluidità dei confini realtà-irrealtà e alterna sequenze surreali di efficace visionarietà (il grottesco banchetto halloweeniano in b/n) ad altre ricevibili solo se lette a un secondo, autoironico grado (Sheri Moon di bianco vestita, il cavallo…). Rimane una certa ferocia non solo visiva che però viene progressivamente disinnescata da una monotonia che funge da anestetico, un campionario di clichè horrorifici 80’s che Zombie non può non applicare con divertito (ma non così divertente) fanatismo filologico e le solite musiche ormai annoverabili nel fantastico universo dell’autoreferenzialità (Lynyrd Skynyrd, Moody Blues, Motorhead). Tutti orpelli che comunque, senza Film, rischiano di diventare paccottiglia.