GRIDO

Anno Produzione2006

TRAMA

Una ricognizione lirica delle esperienze artistiche, umane, e dei tanti viaggi che hanno contraddistinto il percorso di Pippo Delbono, autore teatrale portato più di altri a mettere in gioco la propria identità.

RECENSIONI

Un grido soffocato

Intuizioni registiche dal sapore introspettivo e quasi memorialistico, per questo lavoro di Pippo Delbono che propone in forma libera, straniante, sicuramente molto sentita, il succo delle sue esperienze teatrali più o meno recenti, alle quali si allacciano imprevedibili risvolti umani. L’autore usa la macchina da presa come un taccuino, ove appuntare incontri, scelte di vita, viaggi, riflessioni, tournée teatrali, semplici stati d’animo. Il risultato è un cinema di poesia che a tratti vola leggero, per poi collezionare piccoli squilibri che incidono sulla fragile essenza dell’opera, destinata ad appesantirsi allorché il regista dà prova di fissarsi troppo su alcune situazioni, o personaggi. Nell’ultimissima parte di Grido tale sensazione trova ulteriori riscontri: il ricordo dei primi contatti con Bobò, un omino ricoverato per decenni nell’ospedale psichiatrico di Aversa, vicino Napoli, assume infatti un rilievo particolare. Inizialmente si rimane conquistati dal tono schietto con cui viene introdotta la singolare magia dell’incontro, da cui entrambi i protagonisti sembrano acquisire, nell’amicizia come anche nella performance teatrale, una più matura prospettiva esistenziale. Bobò è così entrato a far parte, lui sordomuto e abbandonato da tutti per anni, nella compagnia teatrale di Pippo Delbono. Ma ad un certo punto la spontaneità del discorso sembra esaurirsi; nuoce pertanto l’insistenza con cui l’autore rimane incollato alle conseguenze, anche minime, di questo nuovo sodalizio artistico, proprio mentre il film avrebbe bisogno di rigenerarsi, magari aggiungendo altre pagine a quel diario che fino ad allora aveva saputo ammaliare. Il rischio è semplicemente che quel grido così penetrante si trasformi, al sopraggiungere dei titoli di coda, in un grido soffocato.

                                                       Stefano Coccia