
TRAMA
Una cometa colpirà la terra e potrebbe causare l’estinzione dell’umanità. Niente di nuovo, insomma.
RECENSIONI
L’interesse del cinema per la catastrofe, più o meno totale, nasce col cinema stesso: il primo film su Gli ultimi giorni di Pompei, tratto dal romanzo omonimo del 1834 di Sir Edward George Earle Bulwer-Lytton, è del 1900 e fino al 1959 si conteranno almeno altre sei trasposizioni. Giocando un po’, però, potremmo individuare il primo disaster movie moderno nel danese Verdens Undergang (August Blom, 1916) che, di fatto, cristallizza già il genere in maniera straordinariamente precisa, fissandone tematiche e schema strutturale. Questo schema rimarrà sostanzialmente invariato nei successivi 100 anni, anticipando anche uno dei tratti salienti del cinema catastrofico moderno, ossia la tendenza a trascurare la catastrofe in sé, coi suoi risvolti universali e/o millenaristici, per concentrarsi invece sulle micro-catastrofi in noi, cioè sulle vicende personali dei protagonisti. Tali vicende vengono, spesso, solo innescate dall’apocalisse più o meno minima, fermandosi però sull’Orizzonte degli Eventi catastrofici. La storia raccontata dal film di Blom, infatti, è quella di una cometa che passa vicino alla terra causando disastri naturali di vario tipo, influenzando, ovviamente e soprattutto, le vite dei personaggi e condizionandone le vicende personali. Suona familiare, no? Venendo ad anni recenti, prendiamo Deep Impact e Armageddon (entrambi datati 1998 e drammaturgicamente sovrapponibili) o 2012, il capolavoro di Roland Emmerich: il film è sempre lo stesso. Una Catastrofe arriva dallo spazio e l’Umanità rischia l’estinzione. La cosa strana del Genere, che Emmerich esplicita in maniera sottilmente autoironica, è che la Catastrofe, la Fine Di Tutto, non sembra la vera protagonista del film, non ci inquieta né ci turba. La crosta terrestre che, in campo lunghissimo, inghiotte intere metropoli rimane uno sfondo alle vicende famigliari di Jackson, della ex moglie, del nuovo compagno di lei e dei figli, che infatti sono quasi sempre in campo, anche se puntiformi, a bordo di una Limousine, un camper o un aereo da turismo. In Armageddon accade più o meno lo stesso (Bruce Willis si sacrifica per salvare la figlia e, incidentalmente, come effetto collaterale positivo, salva la Terra). In Deep Impact, invece, pure, visto che di fatto si presenta come un film drammatico di e per famiglie, con la catastrofe a movimentare le varie vicende famigliari e poche sequenze spettacolari dislocate soprattutto nella parte finale. Proprio il film di Mimi Leder rappresenta, forse, il precedente più vicino a Greenland che, non si sa quanto intenzionalmente, estremizza il concetto. Difficile dire quanto abbiano influito le traversie produttive e il budget ridotto (35 milioni di dollari) ma il film di Ric Roman Waugh è probabilmente il primo Catastrofico mainstream senza catastrofe. Visto il trailer, da un punto di vista strettamente spettacolare, visto tutto. Il resto del film se lo mangia la risaputa vicenda fami(g)liare di separazione/i e riavvicinamento/i, genitori e figli(o). Tre persone in tutto. Che si ritrovano, si perdono, si cercano e si ritrovano, tra forzature e inspiegabili idiozie di sceneggiatura, mentre l’Umanità affronta la (quasi) estinzione. Che, alfine, si verifica, a differenza di quanto succede in Deep Impact o Armageddon, per dire. A rigore di script, dunque, il film si conclude coi Nostri che, insieme ai pochi sopravvissuti, gettano il loro sguardo speranzoso oltre l’orizzonte di un pianeta distrutto da un cataclisma che, fuori campo, ha ucciso qualche miliardino di persone. Happy End.
Il consueto paradosso del Cinema Catastrofico, quindi, si ripete con ancora maggiore evidenza e nettezza, solo che stavolta ci siamo divertiti un po’ meno del solito, vittime di una regia invisibile, di un tasso di spettacolarità sostanzialmente azzerato e di attori che, ragionevolmente, visto il contesto non avrebbero potuto fare molto di più e di meglio. A suo modo, un film comunque importante nel suo portare le contraddizioni di un genere alle sue, per adesso, estreme conseguenze.
