TRAMA
1958: Edna sogna di diventare una cantautrice di successo. Un impresario la distoglie dal proposito e la assume per scrivere canzoni per altri.
RECENSIONI
È divertente scovare dietro gli pseudonimi i nomi di personaggi famosi del panorama musicale anni sessanta (gli Everly Brothers, i Beach Boys, un Matt Dillon/Brian Wilson sperimentatore paranoico: la protagonista è invece modellata su Carole King), e ci si potrebbe fermare alla superficie di quella che, in apparenza, pretende solo d'essere una commedia musicale rosa, ma l'ostruzionismo nei confronti della cantautrice "autosufficiente" (compositrice ed esecutrice), invece, diventa anche allegoria dell'autodeterminazione femminile che, nel Pop, non si accontenta più d'essere donna-oggetto dei desideri maschili, manovrata da chicchessia. È un Music Graffiti (l'esordio di Tom Hanks alla regia, dello stesso anno), dal 1958 ai primi anni settanta, attento a ricamare, come tutte le opere di Allison Anders, l'elegia di una donna più volte provata dalla vita e dal maschio inaffidabile, cioè pronto ad attaccarsi al seno del talento femminile e ad abbandonarlo quando più gli fa comodo. A proprie spese, ma indomita e a testa bassa, la protagonista scoprirà che è finito il tempo delle "Peggy Lee" (leggi: romantiche interpreti degli ideali d'amore), che "I Beatles" (cantano e compongono) sono alle porte, che è giunto il tempo di percorrere un cammino vitale personale, forte delle esperienze dolorose (morale: la sofferenza è la vera Musa), fra continui Rise&Fall sia artistici che privati. Sono messaggi criptati nella leggerezza della messinscena, concentrata sulle (buone) canzoni prima e sul melodramma poi. La regista opta per lo stesso livello di comunicazione delle canzonette, innocue solo in apparenza e attua lo stesso compromesso fra impegno e spensierata nostalgia (di un amore, di un'epoca) della coppia d'autori di canzoni pop nella finzione, Illeana Douglas (grandissima ma doppiata nel canto da Kristen Vigard) ed Eric Stoltz. Produce Martin Scorsese.