
TRAMA
La doppia vita di Gorbaciof, impiegato di giorno e giocatore d’azzardo la notte.
RECENSIONI
Toni Servillo è sicuramente un attore notevole. E lo sa. Stefano Incerti è indubbiamente un regista che sa il fatto suo. Sa di saperlo, e sa che lo sappiamo. Ecco, è proprio questa duplice consapevolezza a ledere reciprocamente i talenti, a rendere ciò che sulla carta si presentava come oggetto interessante un’operazione di riciclaggio e di riporto, in cui entrambe le forze in campo al tempo stesso vivono di rendita e la esibiscono come valore aggiunto. Il personaggio principale, sorta di precipitato dell’acting e del typing “servilliano”, oltre a essere palesemente derivativo, aspira, ad ogni inquadratura, ad una statura tragica che non sfiora neppure, in ragione della sua programmatica “ambiguità”.
Un’ambiguità prevedibile negli sviluppi polar (c’è molto Melville mal digerito, un intreccio talmente ovvio e infarcito di cliché di genere che solo un’astrazione formale assoluta o un rovesciamento parodistico avrebbe potuto riscattare) e non particolarmente toccante negli “avviluppi” sentimentali. La storia d’amore impossibile con la cameriera cinese, che segnala un desiderio di redenzione troppo repentino, lascia fondamentalmente indifferenti, nonostante il finale strappacuore che si vorrebbe assurdo (morte accidentale) e straziante (vana attesa all’aeroporto). Quanto alla messa in scena, Incerti si presta ad assecondare il suo Divo, concedendosi giusto qualche volteggio pindarico per ricordarci di esistere e di avere uno statuto d’Autore.
