TRAMA
La storia di Tammy Faye Bakker che, insieme a suo marito, formò la coppia dei più famosi telepredicatori della televisione americana. Il successo sfuma però in una serie di scandali che porta la coppia alla rovina.
RECENSIONI
È subito chiaro che sarà uno di quei biopic che termineranno con le immagini dei veri personaggi che scorrono insieme ai titoli di coda e renderanno evidente l’accurato lavoro di ricostruzione e recitazione. Non è quindi tanto l’originalità che Michael Showalter, regista del celebrato (e sopravvalutato) The Big Sick, cerca, quanto mettersi al servizio di un progetto, a lungo inseguito da Jessica Chastain, straordinaria protagonista e produttrice, teso a dare risalto all’umanità che si cela dietro alle maschere, sulla scia dell'omonimo documentario del 2000 diretto da Fenton Bailey e Randy Barbato. Operazione tutt’altro che semplice considerando che Tammy Faye e Jim Bakker, i più famosi telepredicatori della tv americana, creatori tra gli anni ’70 e ’80 di un vero e proprio impero in grado di far girare milioni di dollari grazie a un’audience di venti milioni di spettatori, sono quanto di più respingente si possa trovare: portatori di una fede basata sugli slogan e dietro ai sorrisi forzati ricchissimi imprenditori dalle molte ombre. Il film, però, non si pone come opera moralizzatrice e lascia a noi il compito di giudicare i personaggi in base alla nostra sensibilità. Anche se, va detto, la sceneggiatura non è affatto neutrale, ma adotta il punto di vista della sola Tammy Faye abbracciandone i presunti candore, eclettismo e stravaganza. Seguendo uno schema assai classico vediamo nei titoli di testa la protagonista, ormai in pieno declino, passare dal 1994, a Palm Springs, al 1952 in Minnesota, dove la incontriamo bambina già in pieno fervore mistico. Punto focale dei successivi eventi l’incontro al North Central Bible College di Minneapolis con l’uomo che segnerà per sempre il suo destino, il futuro marito Jim Bakker.
Il film ripercorre la parabola della coppia tracciando via via un confine sempre più netto tra la buona fede di Tammy e l’opportunismo del marito, con lei sempre più vittima e lui sempre più manipolatore. Il racconto, con una messa in scena che ricostruisce minuziosamente filmati d’epoca e apparizioni televisive, evita di soffermarsi in modo esplicito sui lati oscuri optando per la sottigliezza dei dettagli, ma non riesce a rendere davvero credibile l’ascesa dei due protagonisti, lei molto comunicativa, lui più affettato, sempre un po’ troppo caricaturali nel modo di porsi e di interpretare la realtà per poterci far credere che in così tanti si siano lasciati ammaliare/abbindolare. Occorre però considerare due aspetti: prima di tutto si parla di un’altra epoca, sicuramente più ingenua nei confronti delle lusinghe della televisione, in secondo luogo, quando il mondo che si ritrae è già di suo così grottesco e sopra le righe, è davvero difficile trovare una misura plausibile, perché tutto rischia di essere percepito, come del resto è, stonato. Nell’intimità, una volta tolto trucco e parrucco e deposte le maschere (che però persistono), si poteva invece scavare con più efficacia, mentre la sceneggiatura e la messa in scena scelgono di restare fedeli alle caratterizzazioni inseguendo la coerenza dei personaggi, senza però farcene assaggiare fino in fondo la carne e il sangue. Ed è un po’ questo il difetto maggiore di un’opera più illustrativa che in grado di dire qualcosa, se non di nuovo perlomeno di incisivo, su una variante kitsch del sogno americano.
Oscar 2022 a Jessica Chastain, migliore attrice protagonista