Criminale

GLI INTOCCABILI (1969)

TRAMA

Il gangster di mezza tacca Charlie Adamo fa uscire prematuramente di prigione il famigerato criminale Hank McCain per farsi aiutare a svaligiare un casinò di Las Vegas, la casa da gioco è però controllata da una potente organizzazione mafiosa…

RECENSIONI

Curioso oggetto filmico questo Gli intoccabili (titolo già evocativo) di Giuliano Montaldo non tanto e non solo per il fatto di evadere da un contesto cinematografico, quello dei tardi anni ’60, pronto ad inaugurare un lungo ed estenuante discorso (in molti casi indiretto, sotto le mentite spoglie dello spaghetti-western rivoluzionario) sulla realtà socio-politica del nostro Paese, ma per la volontà invero anacronistica di riproporre le obsolescenze del modello del noir hollywoodiano (anche più off) classico con tanto di ambientazioni americane. A ben vedere quello di Montaldo è un percorso che potremmo definire di avvicinamento, a partire dall’”esterofilo” Ad ogni costo (nel quale erano adombrati strani rapporti tra Usa e Brasile), alla denuncia dal di dentro del moloch statunitense, ovvero l’abnorme mostro imperialistico dalle smisurate fauci economiche, enunciata more geometrico nella pellicola più intensa e significativa della sua carriera: Sacco e Vanzetti.
Montaldo riandando inspiegabilmente alle radici del gangster-movie tradizionale gira un noir dalle strutture assolutamente convenzionali con abusati ammiccamenti a Huston e a Siegel tanto per conferire alla confezione quel gustoso “dirty touch” al fine di renderla più appetibile. Ne scaturisce in effetti un prodotto di discreto artigianato dai pregevoli risultati estetici, un travaso forse inutile, ma, almeno, riuscito. L’impressione è proprio quella di un film di genere senza troppe ambizioni (anche se i produttori in questione Marco Vicario e Bino Cicogna, commissionandolo, avevano puntato sull’azzardo del grande film d’azione condotto con auspicabili garanzie di successo da cotanta elite attoriale, un miscuglio di star italiane e americane di prim’ordine), un b-movie, che ricrea, magari in maniera posticcia e oleografica, le affascinanti notturnità delle atmosfere di certo noir. L’elemento indubbiamente più genuino è quello del modus narrandi nel quale un sapiente montaggio elabora un plot abbastanza esile (tratto da un racconto di Ovid Demaris) dilatandolo su un gioco di aritmie, affidato per la maggior parte alla caratterizzazione nervosa di Cassavetes (il quale ricorda tantissimo il siegeliano Crime in the Street) che alterna momenti di vacua e sfuggente sospensione ad episodi di azione brutale e violenta (come la sequenza della scarica di mitra sui corpi di Falk e Pistilli) che si consumano convulsamente nella rapidità di un battito di ciglia.