Commedia

GIGOLÒ PER CASO

Titolo OriginaleFading Gigolo
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2014
Genere
Durata90'
Sceneggiatura
Montaggio
Scenografia

TRAMA

Due amici entrano nel mondo della prostituzione maschile con i “nomi d’arte” di Virgil e Bongo. Il primo nel ruolo di gigolò, l’altro come suo agente.

RECENSIONI

L’apparenza è quella di un film di Woody Allen: New York, il jazz, la comunità ebraica, lo stesso Woody co-protagonista che parla a ruota libera mentre gesticola a più non posso. In realtà è John Turturro al cento per cento. L’artista italoamericano, infatti, scrive, dirige e interpreta. La differenza c’è. E si vede. A mancare, tra le altre cose, è soprattutto una sceneggiatura scoppiettante in grado di lasciare il segno, con snodi abili nello sviscerare la complessità e personaggi capaci con poche battute, fulminanti, di imprimersi nella memoria. Nel monumento che fa a se stesso, invece, Turturro non trova alcuna leggerezza e si limita a ricalcare un modello replicandone le sembianze ma smarrendone l’essenza.

La storia, pur nella totale assenza di originalità, sulla carta potrebbe fare scintille, grazie a un libraio che risentendo della crisi economica si improvvisa pappone e suggerisce a un taciturno amico d'infanzia tuttofare di riciclarsi come gigolò. Una situazione classica che se ben sviluppata potrebbe intrattenere con brio. Dopo le rapide premesse, invece, il film si perde in personaggi privi di interesse, dilungandosi in risvolti sentimentali e peculiarità della comunità chassidica ancor meno degni di nota. Il punto di vista parrebbe ambire a scandagliare differenti solitudini, mantenendosi in equilibrio tra risate e uggia, ma la presunta sensibilità non va oltre caratteri monolitici improntati al maschilismo dove  la donna è annoiata, trascurata o vittima di un credo castrante, mentre l'uomo funge da risolutore. Ha il potere di consolare, diventa mentore, se la sa cavare benissimo da solo e se soffre è per l'amore a cui non può sottrarsi, ma si risolleva comunque in fretta.

Turturro non va per il sottile, ma questo lo sapevamo (vedi il trashissimo Romance & Cigarettes), cerca però di limitare le volgarità impantanandosi in siparietti improbabili dove si fa sesso in sottoveste, per rompere il ghiaccio anziché palparsi si balla e nonostante chilometri di distanza sociale ci si incontra, a New York, nello stesso ristorante. Anche la visione del sesso, vivace solo a parole, adotta il punto di vista del maschio nell’ipotizzare desideri (il ménage à trois) e incubi (la donna che si allaccia “il pistolone”). E la massima raffinatezza è sottolineare la missione compiuta della prima seduta a pagamento (l’orgasmo della partner) con l’acqua che sprizza a più non posso dal tubo di un giardiniere intento a innaffiare un albero. Quelle finesse… Poi, più che mai improbabile, arriva l’amore e il gioco si deve fermare perché a uomini tutti d’un pezzo i sentimenti impongono delle scelte.

Il lato comico ricade sulle spalle di Woody che fa Woody, ma la sua logorrea questa volta non strappa alcuna risata, a meno di non trovare irresistibili le frecciatine sulla rigidità dei costumi ebraici, le battute sulla bruttezza di Mick Jagger o il fatto che, con notevole autoironia (ma non basta), la sua compagna sia una mamy nera con tanti bimbi neri. Il problema, comunque, è soprattutto nella maldestra gestione dei tempi comici. Sprecato il cast femminile, con Sharon Stone che ostenta consapevolezza ma si prende tremendamente sul serio (e continua a non azzeccare un film), una burtoniana Vanessa Paradis e una Sofia Vergara prevedibilmente colorita. Di ovvietà in ovvietà il lieto fine arriva venato di malinconia ma suona, come il resto, posticcio e vagamente consolatorio. Che dire, l'obiettivo di commedia gentile e sofisticata è decisamente mancato.