TRAMA
La relazione tra Lake, 18 anni, e Mr. Peabody, 81 anni. In barba alla regola sociale e sessuale.
RECENSIONI
Mi piacciono le tue rughe.
Lake
Non c'è porno in Gerontophilia. Bruce LaBruce, dopo il discutibile L.A. Zombie, sostanzialmente una ripetizione infinita della stessa sequenza, abbandona la gabbia dell'art porn in cui si era autorecluso. 'I wanted to work in a more mainstream idiom', così il regista canadese sintetizza l'inversione radicale e completa del suo cinema, un probabile punto di non ritorno. Non c'è zombie movie né il corpo contaminante e dominante di François Sagat, non si mima l'horror trash della Troma, non si guarda agli hustlers perduti dei romanzi di Dennis Cooper. Stavolta, invece, il cinema indie americano degli anni '70 (riferimento dichiarato dell'autore) è mescolato ad Araki e Dolan, ma soprattutto al coming of age inesorabilmente diretto verso l'iniziazione sessuale e la scoperta dell'amore. Primo film mainstream, dunque, che a ben vedere è implicitamente contenuto in potenza nella sequenza iniziale di Hustler White del 1996, dove il protagonista Tony Ward intrattiene un rapporto sessuale con un uomo molto più anziano. Lì si faceva per soldi, qui per attrazione pura: Pier-Gabriel Lajoie (Lake) è il doppio e negativo di Ward, il suo aspetto angelico il contrario della lussuria, viene ripetutamente chiamato 'santo', è lontano il commercio del corpo, siamo già in zona sentimento.
Lake ha una ragazza, Désirée, plagiata da una certa controcultura e pronta ad incollare l'etichetta di rivoluzionario a chiunque rompa uno schema (da Naomi Klein a Winona Ryder: rubare è rivoluzionario, si dice). Ma Lake non può amarla perché, semplicemente, non ha ancora scoperto sé stesso malgrado la sirena fisiologica (la scena iniziale in piscina): allora il lavoro nella casa di cura lo pone davanti a uno specchio, l'esponenziale moltiplicazione di oggetti del desiderio erode la maschera della sovrastruttura sociale, l'eros è ovunque, la pelle giovane si riflette nei corpi anziani, Lake deve guardarsi in faccia. Da parte sua, Mr. Peabody esordisce come blocco immobile e atono: dalla stasi ospedaliera passa al movimento, prima inconsapevole e dopo ponderato, uscendo dalla condizione di pre-morte fino a un graduale 'ritorno alla vita' che culmina nella paradossale fuga d'amore.
La prima compenetrazione tra corpi risiede nell'atto di Lake, ingerire le pillole di Melvin per sentirsi come lui, da qui inizia l'annodarsi di un intreccio intimo che - come da archetipo delle relazioni - parte dall'esteriorità per poi toccare un'altra sfera: 'Non è solo l'aspetto fisico, sento qualcosa di più'. Nessuna parafilia in questo rapporto, i poli della coppia sono consenzienti e armonici tra loro. Lake e Melvin novelli Harold e Maude, certamente, ma anche Bonnie e Clyde, dove la diversità soppianta la criminalità, non gangster ma diversity story, un'altra evasione boomerang che torna indietro: Peabody è malato di un morbo non detto (c'è l'ombra dell'Aids), non saranno i poliziotti a colpirlo ma l'ignoto che lo insegue, quindi la sua metà retrocede alla partenza. Ma ormai l'epifania è avvenuta, tutto è cambiato, si è consapevoli di sé dopo il passaggio nell'altro.
Dramma feticista, commedia di costume sessuale, road movie all’inseguimento del proprio essere oltre il dicibile (cosa volete che sia l’omosessualità), Fucking Amal per gerontofili, parabola circolare che si chiude com’era iniziata con uno sguardo, forse un amore. Ma il punto è un altro: in Gerontophilia il teen movie incontra una relazione tra giovane e anziano e la assorbe, la declina in codici linguistici e visivi popolari, la rende per tutti. Prendiamo la ripresa del primo bacio: Lake e Melvin in auto si avvicinano l’uno all’altro, vestono lo stereotipo classico di una scena romantica, diventano una qualunque coppia possibile salvo - per la loro natura - suscitare lo sconcerto di chi guarda. La discrasia tra normalità della rappresentazione/anormalità del rappresentato spiazza, disorienta: questo contrasto è l’unico scandalo. Di fatto il regista aggira la componente sessuale non per pudicizia, ma perché qui non è decisiva, l’incontro fisico si può sempre risolvere con parziali dei dettagli.
LaBruce anestetizza le pulsioni, narcotizza la sostanza? No, semplicemente non è interessato a cosa si vede ma a come si vede. Il suo gioco è un sentimental drama cucinato in salsa queer: oggetto percorso da ironia iconica (l'attore Brian D. Wright che somiglia a Steve Buscemi), attraversato da Edipo sia per Lake senza padre, sia per gli altri spasimanti che si incontrano per strada. Non si vogliono negare i passaggi zoppicanti di scrittura (il bozzetto nevrotico della madre, l'infermiera fin troppo paradigmatica), non si vuole attenuare la prevedibilità di fondo, ma si vuole dire che Gerontophilia è soprattutto un'altra cosa: un film normale, 'solo' una love story perfino commerciale, per masse in senso buono perché, per una volta, non è facile soddisfare le masse, non è facile accordare la gerontofilia come ipotesi di amore.
