Documentario, Recensione

GASLAND

NazioneUsa
Anno Produzione2010
Durata107'
Sceneggiatura
Fotografia

TRAMA

Negli Stati Uniti le aziende di estrazione di gas naturale usano un metodo invasivo, avvelenando falde acquifere, uomini e animali, distruggendo il territorio. Il documentarista Josh Fox apre un’inchiesta.

RECENSIONI

Josh Fox, fondatore e direttore del network di cinema indipendente International WOW Company, costruisce il suo lavoro su tre linee: la pratica della “trivella selvaggia”, il contrappunto del panorama naturale e lo sfondo della gente comune. Partendo infatti dal quotidiano (un’impresa di estrazione presenta un’offerta per comprare il suo terreno), il regista adotta una tecnica dal particolare all’universale: incontrando e intervistando le persone coinvolte, intraprende un percorso di “disvelamento” sugli effetti della pratica estrattiva. Non ha una tesi a priori né un teorema esplicito contro le multinazionali: si limita a registrare la rabbia, la paura, l’ironia amara dei soggetti esposti. Alternando gli incontri alla spiegazione del fracking – il metodo per fratturare il terreno (E’ come provocare un terremoto) -, rivolge la prima attenzione alle vittime. Fox frequenta luoghi (Dymak, Dish), volti e situazioni (il paradosso dell’acqua che si infuoca), li scopre insieme allo spettatore respingendo l'accostamento con il moorismo: l’intervistatore non è al centro, non invade ma sceglie di ascoltare. Non contro ma dalla parte dell’uomo, quindi, per difenderlo implicitamente dalle ombre del profitto sconsiderato. E’ così che l’indagine trova simboli potenti: le continue inquadrature di boschi e ruscelli, come a catturarne l’immagine prima dello svanimento, la signora che congela le carcasse animali, metafora della non rassegnazione alla tragedia. Gasland non si offre come prodotto militante: è piuttosto un canto di “resistenza naturale”, proprio come l’icona dell’autore che suona il banjo, incorniciato dalle trivelle industriali che lo sovrastano.