Bellico, Carcerario, Drammatico, Recensione

FURYO

Titolo OriginaleMerry Christmas Mr. Lawrence
NazioneGran Bretagna/Giappone
Anno Produzione1983
Durata123'
Tratto da"The Seed and the Sower" (1963) di Laurens Van der Post

TRAMA

Java,1942, campo di prigionia giapponese. Il precario equilibrio tra guardiani giapponesi e prigionieri britannici verrà messo a dura prova quando verrà internato nel campo un nuovo prigioniero britannico, Jack Celliers.

RECENSIONI

'Siate rocce, siate la frase che trema in bocca a un uomo che vacilla nel suo pensiero'
A. Artaud

La culla, o per meglio dire l'incubatrice in quanto dispositivo forzoso e artificiale, dove Oshima impianta l'intera vicenda è un campo di prigionia giapponese a Java, scenario di una precaria convivenza tra prigionieri e carcerieri. Un teatro feroce che amplifica, potenzia ed esalta ogni minima vibrazione umana, esasperandola ed espandendola fino a ribaltare ogni elemento nel proprio contrario. Da un lato il rigore nipponico, spinto fino all'assurdo, dall'altro il caos in sordina che la presenza occidentale sembra costantemente insinuare. Si può definire una prigione un non-luogo, riferendosi al concetto di non luogo in quanto situazione di passaggio, di transito, fuori dalle coordinate istituzionali, stato mentale piuttosto che stato fisico? Se così fosse, la stasi e il rigore che vige in una condizione di cattività sarebbero la massima rappresentazione, per quanto indotta dalle condizioni limitate, di movimento e di compenetrazione tra esseri umani. Un limbo all'interno del quale ognuno porta un po' di sé e della propria educazione appresa al di fuori e in cui tutti, giapponesi, cinesi, olandesi ed inglesi, condividono la stessa condizione di apparente immobilità, nonostante lo squilibrio gerarchico tra le parti.

Oshima conduce la narrazione come uno studio antropologico sui personaggi, indagati come cavie (concedendo un flashback solo a Jack Celliers, l'unico veramente alieno al contesto), spiati da una macchina da presa che spesso si sofferma ad inquadrarli dall'alto, rendendoli esseri minuscoli in uno spazio difficilmente calcolabile. Arduo immaginarsi una mappatura concreta del campo, i luoghi esistono solo quando i personaggi ci vivono all'interno: una geografia umana che muta lentamente senza che gli stessi personaggi agenti ne siano realmente consapevoli. Le celle d'isolamento, ad esempio, si offrono visivamente allo spettatore soltanto come un muro che paradossalmente invece di isolare unisce. Oshima descrive un microcosmo molto vicino alla concezione di communitas che, in antropologia, ha formulato Turner: communitas come aggregazione di individui marginale rispetto alle forme strutturate della società e in cui si manifesta il lato più creativo ed effervescente che si insinua nella struttura istituzionale. Non senza lacerazioni. Temi come l'omosessualità al pari dell'amicizia tra prigioniero e carceriere al pari di un uomo che rifiuta di battersi innescano il ribaltamento, spie di uno stato di cose che deve necessariamente essere riformulato. Si procede per traduzione lungo l'intero film: il tentativo è quello di mediare costantemente tra un punto di vista e l'altro arrivando a una conclusione unica per cui 'nessuno ha ragione', ma nonostante tutto qualcosa è stato in ogni caso seminato.