TRAMA
Lars lascia l’esercito e viene attirato da un gruppo neonazi al quale, perplesso, decide di partecipare; Jimmy dovrà curare la sua preparazione teorica. A un certo punto però Lars, non accettando più i giudizi dei genitori, fugge di casa e va a vivere da Jimmy. All’inizio non è il benvenuto. Poi…
RECENSIONI
Broderskab vince la quarta edizione del Festival Internazionale di Roma e non senza meriti essendo, con il film di Diritti e quello di Kahn, il lavoro migliore di un concorso dal livello complessivo disarmante. Certo l'opera di Donato soffre di una sceneggiatura rigida che si limita a sviluppare all'interno di una determinata situazione, l'ambiente neonazi, dei presupposti narrativi dati in partenza, riproponendo, peraltro, lo schema dei personaggi di Brokeback mountain (Jimmy, l'uomo duro, arroccato nella sua virilità esibita, e Lars, più aperto ad accettare le proprie ambiguità); la scrittura ha la limpidezza della dimostrazione (la libertà dell'amore contro il buio del pregiudizio), ma non si arricchisce mai di sfumature e zone d'ombra verso le quali sembra esserci un rifiuto programmatico (il titubare di Jimmy dura lo spazio di una scena e il rancore del fratello, spunto che poteva essere significativo, si esaurisce nello sfogo violento): Broderskab non è il regno del dubbio e l'approccio verso i personaggi, che sono solo traduzioni corporee di caratteri un po' meccanicamente acquisiti, è superficiale anche per quanto riguarda l'aspetto politico: l'appartenenza al gruppo neonazi è un dato di fatto posto sì come problema, ma solo in senso morale, un « male » le cui radici restano non sondate. Eppure colpisce la sensibilità di Donato, squisitamente visiva, di creare atmosfere: quello che la rigidezza della sceneggiatura non comunica passa attraverso lo sguardo che smorzando i toni riesce a raccontare una storia fatta di estremi (nazismo e omosessualità) entro un orizzonte formale di moderazione; la severità delle riprese e lo stile algido (toni scuri o comunque freddi; forte presenza di elementi geometrici nella composizione dell'inquadratura; telecamera a spalla usata sempre in maniera rigorosa, ovvero per restituire un punto di vista in movimento, mai per suscitare alterazioni emotive nello spettatore) conferiscono a Broderskasb, oltre che un'apprezzabile coerenza formale, la sensibilità del non detto, come accade nelle sequenze centrali in cui la scoperta dell'attrazione reciproca tra Jimmy e Lars è affidata a riprese fisse o a giochi allusivi di campo/controcampo, eloquenti nel loro essere velati; si dica lo stesso del gruppo neonazi di cui Donato riesce a ritrarre l'atmosfera tesa e i meccanismi ridicoli che lo caratterizzano (la serietà estrema, quasi sacrale, con cui viene gestito, la suddivisione gerarchica, i risentimenti, le aspirazioni). Broderskab testimonia la capacità del regista di lanciare uno sguardo personale su delle situazioni; aspettiamo che si decida a penetrarvi in profondità.