TRAMA
Peter Jackson, intervistando alcuni esperti del settore, ripercorre la biografia del misconosciuto pioniere del cinema neozelandese Colin McKenzie.
RECENSIONI
Il critico statunitense Leonard Maltin, Sam Neill, il produttore Harvey Weinstein e una tale Aleksandra Nevsky di eisenstiana memoria giurano che è tutto vero. Le interviste, le foto d'epoca, i rulli rinvenuti ne testimoniano l'esistenza. Nel 1996 c'è stata la Prima del suo capolavoro, una "Salomè" che Peter Jackson e Costa Botes mostrano fugacemente: senz'altro autentica! E che dire della "città perduta", set biblico ritrovato nella foresta? Colin McKenzie era un genio, inventò per primo il colore, il sonoro, la candid camera, i reportage d'assalto. È rimasto sconosciuto, non è mai esistito. Ecco un sublime falso che, contraffacendo la Storia, ne mostra la natura mitica e potenzialmente mistificatoria. Il mondo è pieno di Colin McKenzie che non hanno avuto l'occasione di lasciare traccia di sé. Jackson poteva essere uno di questi: anche lui girava film amatoriali con passione e geniali accorgimenti. Il destino ha deciso di farlo uscire dal mucchio, ad altri non è andata così bene. Ai più accorti è presto palese che il regista si burla dello spettatore: McKenzie gira una pellicola di kung-fu in cinese, un film a colori "vituperato" da grossi seni d'indigene, ricostruisce, da solo e sulle montagne, un'intera Gerusalemme, è perseguitato da una sfortuna che ha del paradossale e ha l'onore di una morte in diretta… Qualcuno ci ha creduto (vedere il documentario Behind the Bull: Forgotten Silver): merito di una messinscena che imita alla perfezione l'incontrovertibile ricostruzione documentaristica. Inquietanti riflessioni a seguire.
