Drammatico

FLY WITH THE CRANE

Titolo OriginaleGaosu tamen, wo cheng baihe qu le
NazioneCina
Anno Produzione2012
Durata99'

TRAMA

I settantatreenni Lao Ma e Lao Cao, da giovani erano famosi falegnami del villaggio e costruivano le bare per gli anziani della zona. Oggi, ormai vecchi, hanno corpi che non sono più agili come una volta; inoltre, il governo ha incrementato la pratica della cremazione, quindi nessuno si affida più a loro per farsi costruire la bara. Prima della sua morte, Lao Cao chiede a Lao Ma di aiutarlo a fabbricare la propria, e insieme si mettono a costruirla. Verso la metà dell’autunno, la figlia di Lao Ma lo invita a passare le vacanze da lei e, quando l’uomo ritorna al villaggio, vede che Lao Cao non è più tra gli anziani che si riuniscono vicino al pagliaio. Qualcuno gli sussurra che Lao Cao è morto ed è stato sepolto nei campi di mais sulle rive del lago Caozi. Lao Ma è convinto di aver visto una gru bianca in quel lago, ma nessuno dei suoi figli gli crede ed egli diventa oggetto di molti scherzi da parte degli abitanti del villaggio. Lao Ma aspetta infatti ogni giorno sulle rive del lago l’arrivo della gru bianca. Il nipote gli chiede perché la stia aspettando, e Lao Ma gli risponde: “Ho faticato così tanto ad allevare tuo padre, tuo zio e tua zia, e loro mi vogliono trasformare in un mucchio di cenere, quindi voglio che sia la gru bianca a portarmi in paradiso”. Saranno i nipoti a esaudire il suo desiderio…

RECENSIONI


Tratto da una novella di Su Tong, il terzo lungometraggio di Ruijun Li, seguito ideale del bressoniano The Old Donkey, narra, con una grazia e leggerezza prodigiose, del ritorno alla terra di un vecchio costruttore di bare, assecondato, nel suo tutt’altro che folle progetto, dai nipoti. Il titolo, Gaosu tamen, wo cheng baihe (“Vola con la gru”) fa riferimento ad una leggenda, secondo la quale solo la sepoltura delle salme può assicurare l’ascesa al cielo delle anime in groppa ad una gru. Inquadrature fisse si alternano ad ampi movimenti di macchina (la splendida caccia alle anatre nella risaia), mentre cromatismi variabili riflettono umori e stati d’animo senza mai far balenare il sospetto di gratuiti preziosismi (e ancor meno di un’estetizzazione della miseria). Sul piano narrativo, il racconto itera gesti inizialmente incomprensibili (il protagonista che tappa i comignoli fumeggianti), inanella situazioni ritornanti suggerendo un’inesorabile, e pacificata, progressione verso una discesa che prelude ad un’ascesa. Ruijun Li trova la forma e la struttura ideali e riesce a ridurre la gravità dell’assunto al peso specifico di una piuma. Può così permettersi di sfiorare certi tabu e di trasformare il più orribile dei gesti nel più naturale e struggente atto d’amore. Nonostante l’atmosfera di rassegnata accettazione della fine di un ciclo (e di un’epoca) che pervade il film, Ruijun Li elegge il suo anziano personaggio, già protagonista dell’elegiaco Old Donkey, a simbolo e memoria vivente (e resistente) di una tradizione che non può più perpetuarsi, ma solo richiedere sommessamente di essere degnamente sepolta dalla nuova generazione, insieme complice e boia.