TRAMA
Un poliziotto di Hong Kong è ingaggiato prima dalla CIA, poi dal KGB, per dare la caccia ad un criminale che ha trafugato una testata nucleare.
RECENSIONI
Guardare Jackie Chan all'opera è come ammirare dei provetti acrobati al circo: si è stregati dalle capacità sovrumane, dall'impegno profuso, dal pericolo "dal vivo" (i ciak-backstage alla fine del film testimoniano l'impegno in prima persona della star di Hong Kong). La prima parte del film sconta la co-produzione hollywoodiana: gran profusione di mezzi, spettacolo all-action, trasferte alla 007 (Ucraina, Australia). Jackie rincorre la solita bomba nascosta dentro una valigetta e le sequenze sulla neve sono degne di Willy Bogner (lo specialista di scene d'azione innevate della serie di James Bond), fra salti spericolati, pittoresche tute mimetiche (necessarie per camuffare gli stunt cinesi, insostituibili) ed un memorabile salto dentro l'elicottero in volo. Non è questo, però, il Jackie Chan che amiamo, l'autoironico e ingegnoso manipolatore di oggetti del quotidiano quali una scala, dei bastoni o dei trampoli indossati per una festa tradizionale. È nella Chinatown australiana che il simpatico funambolo dà, infatti, il meglio di sé, rinunciando ai gigantismi di Aleksandr Nevskij (citato) e all'Hi-tech, in favore di una galleria di "strani animali": il koala, la foca, i ricci tossici, il buffo vestito da pinguino (meglio che girare nudi…), il "gorilla" (un uomo gigantesco che gli dà filo da torcere) e uno squalo mangiauomini, complice suo malgrado dell'estrema difesa finale del nostro eroe, impegnato in un kung fu sott'acqua che, per humour slapstick e fantasia, ricorda le migliori comiche mute. Semplicemente geniale. Dirige il fido Stanley Tong (anche co-sceneggiatore, coordinatore degli stunt e coreografo), regista di Terremoto nel Bronx e della serie di Police Story, di cui questo costituisce il quarto capitolo.
