Commedia, Recensione

FA’ LA COSA SBAGLIATA

Titolo OriginaleThe Wackness
NazioneU.S.A.
Anno Produzione2008
Genere
Durata98'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio
Scenografia
Musiche

TRAMA

Luc, appena diplomato, vende marijuana per le strade della New York del 1994, mentre Rudy Giuliani, appena eletto sindaco, annuncia una dura battaglia contro piccoli e grandi criminali. Tra i clienti di Luc c’è il suo strampalato psichiatra Dr. Squires e la sua figliastra Stephanie, di cui Luc s’innamora perdutamente.

RECENSIONI

The Wackness (questo il titolo originale – qualcosa tipo “La stramberia” – reinventato in italiano per tentare una specie di meschina parodia del celebre titolo di Spike Lee) è un piccolo film pieno di cliché salvato solo in parte dai due protagonisti. Ciò che lo costringe a restare un’imperfetta e stereotipata commedia sul passaggio all’età adulta, senza neppure ambire ad essere una manipolativa commedia trendy sul passaggio all’età adulta, è, probabilmente, la sua sincerità, unita a parecchia indecisione di carattere. In effetti, il film di Levine tenta di tutto senza approdare a nulla: tenta il ghiribizzo formale simpatichino (trito: la nuvoletta da fumetto per rappresentare i pensieri del protagonista), ma lo mette subito da parte; tenta la rievocazione nostalgica (tanto hip hop e una New York che si trascina verso la fine della sua età buia), ma rimescola appena un paio di campi lunghissimi, un ralenti, qualche luogo comune e parecchia incertezza ideologica, sì da farci capire che Levine nel ’94 aveva solo 16 anni; tenta poi, ahinoi, una valanga di automatismi insipidi (l’estate prima del college, come è poco cool (ma è bello e sincero e giusto) dire “ti amo”, l’Altro a torso nudo che arriva sull’uscio della porta accanto all’Amata così infrangendo l’illusione dell’Innamorato di qua dall’uscio, il pistolotto prefinale sull’amicizia e persino una timidissima e brevissima meta-ironia sul detto pistolotto). La noia è scansata grazie alla simpatica performance di Kingsley, da un paio di piani frementi e dalla buona prova del giovane Peck – il resto è routine inutile. Sarebbe bello e sincero e giusto dire che l’autenticità emotiva di Levine è meglio delle levigatissime e studiatissime geometrie delle commedie trendy degli anni 2000, come Juno e Little Miss Sunshine, ma purtroppo non è così. Ci spiace.