TRAMA
Zano e Naima lasciano il loro appartamento di Parigi e si mettono in viaggio. Destinazione: Algeria.
RECENSIONI
Il viaggio dei due protagonisti, che sembra solo il frutto di un capriccio e della spericolata voglia di assecondare lo spirito d’avventura, si rivela un itinerario catartico e simbolico: i due percorrono a ritroso il tragitto che aveva portato i loro genitori dall’Algeria alla Francia (la scena in cui i due camminano, in un fiume di persone, controcorrente), ritrovando Zano le tracce del suo passato familiare, Naima le sue radici e l’equilibrio che era sempre mancato alla sua vita di perenne straniera. Nel mentre i due si amano, litigano, si confrontano, si lasciano e si riprendono. Il lunghissimo piano sequenza della macumba è sicuramente il punto verso il quale tutto il peregrinare filmico e narrativo puntava fin dall’inizio: è una ripresa volutamente ossessiva, seguendo in tempo reale l’intero rito della trance, tanto da rendersi funzionalmente estenuante per lo stesso spettatore, picco rimarchevole di un’opera, per tutti gli altri versi, discutibile. Senza nulla togliere al talento visivo di Gatlif, che in più di un frangente si mette mirabilmente in luce, i difetti della sceneggiatura (dialoghi semplicistici, un percorso che va per tappe stereotipate – il flamenco, i gitani, varia disperazione -, certe sequenze esplicative in eccesso) minano alla base un film che, non potendo tutto delegare alla vitalità dell’assunto, all’onnipresente musica, alla gioiosa corporalità, al colore e alla contemplazione di paesaggi esteriori ed interiori a tratti rapente a tratti di banalità inappellabile, cincischia non poco e che, nonostante l’apparente vivacità, risulta a tratti freddo e superficiale. A Cannes Tarantino e la sua giuria hanno premiato la regia: troppa grazia, ci pare.
