TRAMA
Una vispa settantenne con un senegalese di trentacinque anni, un’ex pornostar con il giovane che l’ha fatta innamorare; una ragazza, in cerca di un perché, che lo trova nel suo uomo, malato di sclerosi. Tre storie d’amore: normale.
RECENSIONI
Prodotti un po’ al di fuori dalle logiche di mercato che non permettono quasi mai al grande pubblico di vedere cose che invece si realizzano e che, dopo essere migrate nel mondo da un festival all’altro, spesso con successo, scompaiono o, nella migliore delle ipotesi, approdano nella notte di RaiTre, sono come una boccata d’aria che ci ricorda che fuori esiste qualcosa (persone, idee, emozioni) e ci rassicura. A proposito di Eva e Adamo colpisce la grazia e la libertà della composizione: il tocco del regista è delicato e tenero, quasi pudico nell’entrare nelle vite delle tre coppie di cui racconta gli amori eccezionali; la scelta delle musiche, le ricercate geometrie dell’immagine - si pensi alla folgorante apertura sulla palestra dell’elegante settantaseienne Erika, degna di Almodovar, o ai volumi scomposti delle piramidi di corpi dei due bambini che si arrampicano sul padre disabile - o l’impiego di altre forme di video, come le hot line di Deborah, sembrano essere interamente volti a sottolineare l’ingenuità dell’amore, quasi a voler evocare un antico stato di natura che ritorna in eterno, sempre nuovo e sempre rivoluzionario, eccezionale per definizione, inadatto a essere stretto nella morsa dell’ordinario. Il peccato originale, ovvero ciò che attiene all’origine dell’uomo, la tentazione del Reale, multiforme e polisenso, doloroso e spezzettato, contro l’Assoluto, unico, ordinato, intimamente pieno: di tutto questo, anche attraverso le belle tavole di Peter Moon, ci parla Moroni in queste storie che sono fotografie di chi ha lasciato la strada dritta per viaggiare « in direzione ostinata e contraria ». Purtroppo però Moroni non va fino in fondo e dopo un inizio brillante il film si indebolisce via via, come se, tracciati i primi schizzi vivaci dei personaggi e delle loro vicende, non avesse la pazienza di addentrarsi nella problematicità delle loro situazioni e di seguire il groviglio di sentimenti di cui ogni amore si sostanzia; si limita, invece, a porselo, specialmente nelle storie di Erika e Deborah, come assunto, affidandolo a qualche scaramuccia o a qualche faccia imbronciata. Resta da dire della suggestiva tavola finale con l’albero del peccato spoglio dei suoi frutti: si sono dissolti con la conquista di un più ampio concetto di normalità o sono stati mangiati tutti da Eva e Adamo in un’allegra e gioiosa scorpacciata?