TRAMA
La piccola Lisa parla con un immaginario fratello che si celerebbe dietro la carta da parati della sua cameretta. Un incidente di auto uccide la bimba, la casa in cui viveva viene abbattuta, la creatura immaginaria esce allo scoperto e cerca di inserirsi nel mondo reale.
RECENSIONI
Non starò a spaccare il capello in quattro e quindi non mi impegnerò a illustrare in quali punti questo film disattende il "voto di castità" di Von Trier e soci. Più volte ho tenuto a sottolineare il mero carattere provocatorio della faccenda Dogma 95, come le ferree (?) regole scaturite dal movimento vogliano essere, più che dei limiti ai cineasti, una sorta di stimolo, delle maliziose trappole da aggirare o abbattere senza eccessivi scrupoli (del resto proprio il capo in testa con DANCER IN THE DARK ha liquidato la questione disattendendo il manifesto in maniera lampante). E' un fatto che non basta decidere di aderire a un programma (in questo caso piuttosto raffazzonato, se non ridanciano) per fare dei film interessanti e\o innovativi; viene quasi il sospetto che più che una filosofia filmica quella del Dogma sia (o, più probabilmente, stia diventando) un marchio di fabbrica riconoscibile e quindi più facilmente vendibile (e non si dica che questo film rivela che il "voto" può servire a rappresentare anche storie meno estreme e anticonvenzionali di quelle di Trier o di FESTEN, perchè di questo ci si era già accorti in MIFUNE di Kragh-Jacobsen). La storia del solito "idiota" (in senso dostoevskijiano più che trieriano) che mette a nudo ipocrisie e falsità, scolla e incolla relazioni umane, la cui purezza è oggetto amato e detestato, si snoda seguendo un tono favolistico che stupisce solo per il primo quarto d'ora e che poi, meccanizzandosi e esplorando alcune scontate possibilità di sviluppo, si dilata inutilmente. La svolta tramica, che riavvolge la vicenda, lascia perplessi, il film stufa presto e i diktat dogmatici si fanno ancora una volta semplice confezione, programmaticamente sciatta, che non può, di per sé sola, nobilitare il prodotto né tantomeno risollevarne le sorti.

Dogma in favola
Il provocatorio "Dogma 95", continua a fare proseliti. Questa volta però il risultato è più morbido, anche perché le rigide regole imposte dal manifesto, sottoscritto da Lars Von Trier e altri registi danesi, subiscono più di una concessione: la fotografia è nitida, le poche sgranature servono per differenziare i punti di vista; la macchina da presa è quasi sempre ferma e non gira vorticosamente da un volto all'altro in cerca di stordimento e stupore; anche la musica (il suono del carillon che accompagna la crescita dell'uomo-bambino) viene utilizzata in modo non propriamente diegetico. Ma la cosa che più stupisce è che il tono, nonostante un'atmosfera cupa e poco rassicurante, è incredibilmente leggero e non volge alla tragedia.
Si ipotizza infatti che un bambino mai nato, a causa di un aborto, abbia la possibilità di provare a vivere quando la sorellina muore in un incidente. Il novello uomo è una sorta di "Forrest Gump" danese: esternamente adulto, ma con il cervello di un bambino che non conosce nulla del mondo, perché nessuno glielo ha insegnato. Ecco quindi l'innocenza priva di moralità, scontrarsi con il rigore di un mondo in cui nessuna azione sfugge ad un'etichetta.
L'idea è interessante, ma non tutti gli sviluppi hanno la stessa verve, e in più di un caso le gag sono "telefonate" e un po' fini a se stesse. Fa comunque piacere evitare, per una volta, il binomio Dogma-Dramma.
