Commedia, Drammatico, MUBI, Recensione

ESTATE ROMANA

TRAMA

Rossella, Salvatore, Monica: tre individui incrociano le loro esistenze nella torrida estate romana alle soglie del Giubileo.

RECENSIONI

Messo in scena con stupefacente libertà linguistica , Estate Romana è il più bel film girato da Matteo Garrone insieme a Gomorra. I personaggi sono ritratti per frammenti, schegge di una rappresentazione che affonda i denti nella realtà per sanguinare finzione. Non c'è formula prestabilita per incasellare questa oscillazione continua tra presa diretta e messa in racconto. Soltanto derive. Un film su tutto: sui capelli, sulla voce, sui lavori in corso. Ma non un film di tutto: la descrizione non si cristallizza mai in calco inerte del reale, sfugge, si divincola, sorprende. Più de-scrittura che descrizione. Garrone osserva i personaggi come se fossero corpi opachi, esseri coperti da un velo. Non c'è traccia di introspezione, soltanto un'attenzione rapita per le pause, le esitazioni, le invisibilità. Il cantiere Roma, città impacchettata dalle mille impalcature per il Giubileo imminente, non è semplice paesaggio simbolico, è scheletro e tessuto del film. Malinconia, rassegnazione, rabbia e paura scaturiscono dai nervi scoperti della città, carcassa sventrata che sparpaglia i suoi umori sui personaggi. Luoghi in trasformazione, architetture misteriose, segnali di incertezza urbanistica ed etnica.
Le psicologie dei personaggi si desumono dalle azioni, ma non si tratta del trito espediente behaviourista: è il gesto che traccia il senso, la reazione inadeguata si carica di disagio e tenerezza, l'irresponsabilità si colora di azzurro. Fragilità e asimmetria sono le parole chiave: Rossella (Rossella Or) torna in città per fare del teatro ma viene rifiutata da tutti. Salvatore (Salvatore Sansone) desidera invano Monica (Monica Nappo) e trascura la preparazione delle coreografie per uno spettacolo. Monica fa di tutto per tirare avanti con la figlia Rosellina, lavorando di sera in un bar estivo alle Capannelle e aiutando Salvatore con le coreografie di giorno. Solitudini.
Ma se Roma sembra togliere il respiro e soffocare ogni ipotesi di speranza, la fuga dalla città ripropone le stesse dinamiche imprigionanti. Il viaggio al mare è costellato di asfissianti bolle di cellophane e l'arrivo in uno stabilimento balneare nel quale l'euforia si identifica all'aggressione sensoriale e allo svenimento rinchiude i personaggi nell'orizzonte dell'ineluttabilità. Un uomo muore. Monica piange tra le braccia di Salvatore. Rosellina dorme. Rossella se ne va silenziosamente, appena intravista. Musiche struggenti della Banda Osiris e cameo-testamento di Victor Cavallo. Nonostante la seriosità delle mie parole un film stracolmo di ironia.