TRAMA
Il burattinaio Craig scopre un metodo infallibile per migliorare la propria vita. E non solo.
RECENSIONI
Spike Jonze esordisce nel lungometraggio con uno dei film più folli e lucidi degli ultimi anni, un turbinio d'invenzioni (s)folgoranti di struggente inquietudine. Al centro del sulfureo script di Charlie Kaufman, l'insoddisfazione, la noia, la tragedia di un gruppo di anime sole e ostili che spera di trovare in un'impossibile intrusione il segreto dell'autorealizzazione: ma il rimedio è solo temporaneo (il quarto d'ora warholiano) e persino più illusorio del previsto. Jonze tratteggia la frustrazione di Craig con mano partecipe quanto feroce (il fallimento dello spettacolo su Abelardo ed Eloisa), apre nel suo piccolo mondo oscuro stranianti voragini nonsense di ficcante esattezza (il kafkiano settimo piano e mezzo e relativo mockumentary), fonde digressioni che sono tali solo in apparenza (il flashback disneyano della scimmia prigioniera, riflesso evidente della cattività degli "umani") e trovate visive angoscianti nella loro assoluta bellezza (una su e per tutte: l'incubo eschermagrittiano che Malkovich vive all'interno del proprio cervello), dosando con mano felice sarcasmo [il sentimento sp(r)ezzato, la distrazione del pubblico] e tenerezza (le marionette autobiografiche, la trasognata e sommamente enigmatica sequenza conclusiva) e traendo il meglio da un cast imprevisto e azzeccatissimo (menzione speciale a un'irriconoscibile Cameron Diaz). Un'opera deliziosa e lancinante.