Drammatico

EPILOGUE

Titolo OriginaleHayuta Ve Berl
NazioneIsraele
Anno Produzione2012
Durata96'
Sceneggiatura
Fotografia
Montaggio

TRAMA

Hayuta e Beri, una coppia di anziani, trova difficile adattarsi all’odierna Israele e ai cambiamenti sociali che avvengono intorno a loro. Dopo anni di lotte, i due si rifiutano di abbandonare i loro sogni e l’idea rivoluzionaria di costruire uno stato sociale in Israele. In una notte di penosa disillusione, la coppia decide di lasciare l’appartamento per intraprendere un ultimo viaggio.

RECENSIONI


È un cinema politico quello di Amir Manor, che esplorando la dolente intimità di una coppia anziana dà voce al fallimento di un sogno collettivo. Il regista e sceneggiatore israeliano mette in scena un uomo e una donna nel momento in cui perdono l’autonomia e finiscono per sentirsi un peso per la società, da cui non traggono alcuna consolazione. L’incipit connota subito i due protagonisti: l’uomo si muove a fatica in un appartamento spoglio e disordinato, la donna fa la doccia ma ogni movimento le comporta difficoltà. Un’assistente sociale deve verificare la loro mancanza di autonomia per garantire o meno il sussidio statale e impone con professionalità prove umilianti. La coppia ha un figlio, ma è emigrato a New York, dove ha formato una famiglia, e nei rapporti esclusivamente telefonici con lui ci sono ancora rancori non del tutto sopiti.


Non c’è più speranza nel futuro, le battaglie combattute in nome di uno stato sociale sono ormai definitivamente perdute, le lotte di una vita sono diventate ricordi vividi di un’utopia. I due protagonisti vagano come alieni in un mondo che sentono inospitale. L’uomo vorrebbe fondare un movimento, “Il cerchio”, di sostegno reciproco, ma non trova alcuna solidarietà. La donna, malata di diabete, non ha abbastanza soldi per tutte le medicine di cui avrebbe bisogno e suscita la pietà di un farmacista. L’unico momento in cui il quotidiano si riesce ad affrontare è quando scompare tra le pareti di un cinema in cui proiettano “Indiana Jones”. Le lacrime e le risate causate dallo sfavillio che illumina lo schermo permettono di raggiungere un altrove dove è ancora possibile sognare.


Ma è un’illusione di breve durate, perché al riaccendersi delle luci il grigio torna a dominare e lo squallore del presente ricomincia subito a mordere. Presa consapevolezza dell’impossibilità di trovare il proprio posto in un mondo così orribile e lontano dai propri ideali, sarà l’uomo a progettare una fuga definitiva: un ballo nella notte vestiti eleganti, uno spuntino piacevole, una complicità ritrovata e poi l’addio definitivo. È la fine di ogni speranza quella mostrata da Manor, un canto funebre che non cede alla rassegnazione ma sublima nella morte risposte che la vita non è più in grado di dare. Un soggetto così greve trova una forma cinematografica rispettosa ed elegante e deve molto ai due protagonisti, Yosef Carmon e Rivka Gur, all’essenzialità della messa in scena e alla toccante colonna sonora di Ruth Dolores Weiss.